Hanno atteso che le condizioni fossero quelle ideali per dare origine a un fulmine, poi hanno sparato verso le nubi un piccolo razzo che si è tirato dietro un filo di rame. Alla base del cavo, una sofisticata gamma di microfoni posizionati a una distanza di 15 metri l’uno dall’altro.
Quando si è scatenato il fulmine - "catturato" dal cavo di rame - i microfoni hanno intercettato le onde acustiche prodotte dal fulmine. Il tuono si forma in seguito alla violenta compressione che subisce l'atmosfera in seguito alla scarica elettrica: i microfoni hanno fornito un’immagine sonora del fulmine, mai ottenuta prima.
Il risultato non è stato facile da interpretare, ma Maher Dayeh - del Southwest Research Institute (Texas) - è riuscito a distinguere le diverse frequenze prodotte dal fulmine, in un insieme che può essere paragonato all'impronta digitale di quel singolo evento.
«I fulmini colpiscono la Terra 4 milioni di volte ogni giorno», spiega Dayeh, «ma la fisica dell’intero processo è ancora in gran parte misteriosa. Non ci è chiaro, ad esempio, come la scarica elettrica del fulmine si trasformi in tuono. Quando avremo modo di usare i tuoni dei fulmini per meglio studiarli potremo conoscere meglio le loro caratteristiche e capire come si propagano fino al suolo attraversando l’atmosfera. E quindi conoscere molte più caratteristiche rispetto ad oggi di un fenomeno della natura che è tra i più energetici che si conoscano.»
Al momento, dunque, la ricerca ha un puro scopo scientifico, anche se in futuro si potrebbero avere ricadute importanti sulla prevenzione: ancora oggi, infatti, i fulmini uccidono centinaia di persone all’anno.