Una percentuale sempre crescente di persone nel mondo ha scelto di abbandonare il consumo di carne e derivati animali per convertire la propria dieta in vegetariana o vegana. Per tutte queste persone, la soia è una sorta di sacro Graal: un vegetale saporito, facile da digerire e ricco di proteine, il sostituto perfetto insomma per chi vuole dire no alla carne.
La soia, però, porta con sé più di un problema: non cresce ovunque, per esempio, e dove viene coltivata è diventata una monocoltura che provoca un impoverimento della biodiversità e un consumo eccessivo di suolo. Dalla Danimarca, dove il 5% della popolazione è vegetariana e che è costretta a farsi arrivare la soia dal Sud America, giunge ora una proposta alternativa, formulata dall'università di Copenhagen: sostituirla con le fave.
I danni della soia. La gran parte della soia nel mondo viene prodotta nel continente americano, e in alcuni Paesi del Sud America, Brasile e Paraguay in primis, questa attività ha portato con sé devastazioni ambientali di proporzioni immense: per creare nuovi campi si rade al suolo la foresta tropicale, con tutte le conseguenze del caso. Inoltre, la maggior parte della soia coltivata a scopi commerciali è geneticamente modificata per resistere a un erbicida a base di glifosato che si chiama Roundup. Per questo Iben Lykke Petersen, uno degli autori dello studio, spiega che «ci sono molte preoccupazioni per l'impatto ambientale delle coltivazioni di soia», e dal suo punto di vista, «le fave sono perfette anche perché le possiamo coltivare qui in Danimarca, senza doverle esportare».
Una fava al giorno. Il gruppo di Copenhagen ha così testato alcune possibili alternative alla soia, tra cui l'amaranto, le lenticchie, la quinoia e le fave, e ha scoperto che queste ultime sono il candidato ideale.
Non solo perché crescono anche in Danimarca, ma anche perché, con adeguata preparazione, è possibile trasformarle in una polvere ad alto contenuto proteico e di facile digeribilità, oltre che insapore: quest'ultimo dettaglio la rende preferibile ad altre polveri vegetali ad alto contenuto proteico come quella a base di piselli, che anche dopo il trattamento mantiene un retrogusto amaro che non tutti apprezzano. Le fave diventeranno il cibo del futuro?