Kiribati: le isole che stanno scomparendo
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L'annuncio è di quelli choc: il Presidente Anote Tong della Repubblica di Kiribati ha dichiarato che il suo paese ha gli anni contati, da 30 a 60 al massimo.
Questo gruppo di isole e atolli dell'Oceania (guarda dove si trova) in equilibrio sull'equatore è infatti minacciato dall'innalzamento del mare dovuto al riscaldamento globale (di quanto aumenta il livello del mare ogni anno?), che provoca tanto l'erosione delle coste quanto la contaminazione delle riserve di acqua dolce, indispensabile per vivere su questi fazzoletti di terra lontani da tutto e da tutti.
Per documentare la situazione delle Kiribati, il fotografo della Reuters David Gray ha trascorso alcuni mesi tra le popolazioni di questa nazione insulare nel cuore dell'Oceano Pacifico.
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Foto: © David Gray/Reuters
Le Kiribati
(pronuncia ki-ri-bas) sono un luogo remoto a cavallo dell'equatore nell'Oceano Pacifico, composto da 33 isole e atolli corallini. Difficile da raggiungere, poco turistico e profondamente religioso, questo stato insulare è più oceano che terra, con una miriade di barriere coralline popolate da pesci variopinti e relitti della seconda guerra mondiale.
Le acque del Kiribati sono tanto vaste da occupare una superficie pari quasi a quella di Cile e Argentina uniti, mentre la superficie totale delle terre emerse supera di poco quella della città di New York.
Lo stato insulare dell'Oceania comprende tre arcipelaghi: le Isole Gilbert, a 1.500 km a nord delle Figi, le
Sporadi Equatoriali (settentrionali e meridionali) a circa 2.000 km a sud delel Hawai, e le Isole della
Fenice, che si trovano proprio a cavallo dell'Equatore a circa 1.800 km a sud-est delle isole Gilbert. A chiudere il quadretto familiare, la martoriata isola vulcanica di Banaba, i cui giacimenti di fosfati sono stati sfruttati all'inverosimile fino all'indipendenza del 1979.
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Foto: © David Gray/Reuters
Alcuni abitanti del villaggio di Tangintebu, a Tarawa Sud, osservano il tramonto sulla piccola laguna che durante l'alta marea arriva a lambire le loro semplici abitazioni.
A eccezione di Banaba che raggiunge gli 87 metri di altezza, tutte le 33 isole sono atolli che affiorano appena dalle acque marine, caratterizzate da scarsa vegetazione e assenza di fiumi. Quasi tutte però hanno una laguna di acqua dolce, che garantisce l'approvvigionamento idrico necessario alla popolazione.
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Foto: © David Gray/Reuters
Un bimbo ricoperto di fango dalla testa ai piedi guarda incuriosito il fotografo David Gray mentre si dirige verso la propria abitazione.
Nonostante il cammino verso la modernizzazione proceda spedito, gli
oltre 100.000 abitanti delle isole chiamati in italiano Gilbertesi (in lingua
gilbertese "I-Kiribati") osservano ancora con curiosità i rari
visitatori che giungono in questo remoto angolo del mondo. Anche nella
capitale, come nel resto delle isole, ci si deve spostare in
barca o lungo le strade rialzate, spesso in terra battuta.
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Foto: © David Gray/Reuters
Quando la marea si abbassa, anche le radici dei rari alberi che crescono sulla riva rimangono esposte fino al prossimo innalzamento delle acque, come nei pressi del villaggio di Teaoraereke sull'isola di Tarawa.
Vicino alle spiagge si trovano spesso arbusti e, su alcune isole, anche mangrovie, mentre le palme da cocco sono state piantate in gran quantità laddove non crescevano spontaneamente. In alcune località sono presenti anche veri e propri boschi di felci ed epifite, ma l'elenco delle specie vegetali termina qui.
Così come la vegetazione, anche la fauna terrestre in queste isole è molto limitata: a parte il ratto polinesiano, ai numerosi uccelli marini e a un paio di specie di lucertole, non vi è altro.
Molto più ricca è la fauna
marina: le straordinarie barriere coralline che circondano gran parte
delle isole ospitano un'enorme varietà di pesci.
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Foto: © David Gray/Reuters
Una donna si aiuta con una forchetta per scovare i crostacei nascosti nella distesa di fango corallino della laguna di Tarawa Sud.
I Gilbertesi, data la scarsità di risorse naturali, da sempre vivono di un'economia di sussistenza che si basa sulla coltivazione di radici commestibili - come il taro e la patata dolce - e di palme da cocco, oltre che sui prodotti del mare.
Negli ultimi anni, tuttavia, l'economia capitalistica sta via via intaccando lo stile di vita tradizionale, portando generi alimentari di importazione tanto nelle aree urbane che in quelle rurali.
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Foto: © David Gray/Reuters
Alcuni sacchi di sabbia appena fatti giacciono su un muro a protezione della strada rialzata che collega la città di Bairiki all'isoletta di Betio, anch'essa nell'arcipelago di Tarawa, su cui sorge il più importante porto dell'atollo.
L'isoletta, storicamente conosciuta per la sanguinosa battaglia di Tarawa durante la Seconda Guerra Mondiale, pullula di relitti e residuati bellici di ogni tipo, dai cannoni giapponesi ai bunker, dai rottami degli equipaggiamenti militari ai numerosi ordigni inesplosi sparsi su tutta l'isola e sulle scogliere vicine.
Ma Betio è anche l'agglomerato urbano più densamente popolato di tutte le isole del Pacifico, con una densità di popolazione simile a quella di Hong Kong.
Insieme alla minaccia legata ai cambiamenti climatici, quello dell'aumento della popolazione specie nelle aree urbane di Betio e di Tarawa è uno dei problemi più impellenti che la Repubblica di Kiribati deve affrontare.
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Foto: © David Gray/Reuters
Quando l'alta marea invade una casa, non resta che lasciarla al proprio destino e spostarsi altrove. Come nell'abitazione di questa foto nel villaggio di Tangintebu, sull'isola di Tarawa Sud, abbandonata perchè regolarmente allagata a ogni ciclo delle maree.
Per rispondere al problema del sovrappopolamento di Tarawa Sud, negli ultimi anni ben 5 delle Isole della Fenice sono state oggetto di un intenso sviluppo edilizio grazie a una sovvenzione di 400.000 US$ concessa dall'Asian Develompent Bank. Appena pronte, nelle nuove abitazioni verranno trasferiti gli attuali abitanti della capitale.
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Foto: © David Gray/Reuters
Un abitante del villaggio di Betio, sull'isola di Tarawa Sud, cala un secchio dentro a un pozzo collettivo per attingere dell'acqua da portare alla propria abitazione.
L'innalzamento del livello del mare provocato dal riscaldamento globale
qui si può osservare a occhio nudo grazie alle stazioni Seaframe (Sea
Level Fine Resolution Acoustic Measuring Equipment) installate dal
1992 dagli scienziati australiani per misurare venti, livelli del mare,
pressione atmosferica e temperatura. E i risultati sono decisamente poco
incoraggianti: dal 1999 interi
atolli di Kiribati sono stati definitivamente ingoiati dal mare e si
prevede che per il 2005 il livello delle sue acque possa innalzarsi da
20 a 50 centimetri.
Anche se le coste, nella migliore delle ipotesi, riuscissero a
resistere alle erosioni e la terra rimanesse al di sopra delle acque
marine, queste potrebbero raggiungere le riserve di acqua dolce delle
singole isole, rendendole di fatto inabitabili.
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Foto: © David Gray/Reuters
Un bambini gioca con la sabbia affianco alla sua casa nel villaggio di Taborio, sull'isola di Tarawa Sud.
Se la modernizzazione del Paese ha portato al successo sport come il calcio, la pallavolo e la canoa, gli isolani non hanno dimenticato i passatempi più tradizionali come le complesse danze locali, i canti, l'arte marziale indigena, i riti d'iniziazione e la fabbricazione di figure con cordoncini.
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Foto: © David Gray/Reuters
Binata Pinata, così si chiama la donna in piedi vicino a una vecchia torre mentre aspetta il marito Kaibakia di rientro dalla quotidiana battuta di pesca.
La torre era originariamente utilizzata per indicare il centro dell'isolotto di Bikeman, al largo di Tarawa Sud, ma il continuo movimento della sabbia (cosa sono le sabbie mobili?) l'ha letteralmente spostata dentro alla laguna.
Foto: © David Gray/Reuters
La religione tra gli I-Kiribati è presa molto seriamente, anche se la fede convive con riti e credenze tradizionali che sopravvivono da secoli. Magia e fantasmi (chiamati anti) hanno un ruolo di primaria importanza nella fede degli isolani, tanto che è frequente incontrare nella boscaglia piccoli altari a loro dedicati.
I missionari furono tra i primi ad arrivare su queste isole remote e la chiesa protestante del
Kiribati oggi conta oltre 28.000 fedeli, mentre quella cattolica quasi
40.000.
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