Fare colazione, usare il pc e rispettare l'ambiente hanno un'importante punto in comune: l'Africa. Buon appetito. (Riccardo Meggiato, 16 maggio 2008)
C'è chi sostiene che il nostro sarà un futuro (molto prossimo) pieno zeppo di rifiuti da smaltire. Ma non si deve pensare solo a bottiglie, sacchetti maleodoranti e scarpe vecchie. Anche i pc, i vecchi computer che gettiamo via quando ne acquistiamo uno nuovo, sono un problema con la "P" maiuscola. Il motivo è semplice: molti dei materiali di cui sono composti, in buona parte derivati del petrolio, non sono riciclabili. Ed è questo il motivo per cui giacciono, in attesa di magiche soluzioni, nella più grande discarica a cielo aperto dell'Occidente industrializzato. L'Africa. Con buona pace di... tutti, ammettiamolo, senza nasconderci dietro polemiche faziose.
CHE FARE?
Qualche speranza arriva dalla ricerca su nuovi materiali in quella corsa apprezzabile delle grandi aziende alla "social responsibility", la ritrovata sensibilità ai problemi sociali e territoriali (anche quando il territorio è "il mondo") che non è sempre e soltanto marketing. In questo caso, all'avanguardia nella ricerca troviamo Fujitsu, che ha realizzato il computer fatto di... grano! Non si tratta di gustosi cereali da prima colazione, ma di polimeri derivati dall'olio di grano: materiali cioè perfettamente e completamente biodegradabili. Come del resto alcuni derivati di legumi e amidi, anch'essi allo studio nei laboratori Fujitsu. Richard McCormack, vicepresidente della multinazionale giapponese, si è detto certo che entro i prossimi tre anni potremmo avere computer senza alcuna traccia di derivati del petrolio. In altri termini, riciclabili e biodegradabili al 100%. C'è ancora del lavoro da fare, soprattutto per abbassare il prezzo di materiali come questi polimeri, che di per sé sarebbero anche economici... se fossero "interessanti" per l'industria globale. Ci si arriverà (spero), ma dobbiamo comunque aspettarci di spendere di più: un po' per la ricerca, un po' per non dover camminare su tappeti di processori e parquet di dischi fissi, un po' per chiudere (e ripulire) quella nostra discarica lontana, l'Africa.