Dalle Hawaii alla Nuova Guinea, passando per le Maldive non c’è barriera corallina che non stia subendo una forte perdita di colori. La situazione è tale che il Noaa, ossia il National Oceanographic and Atmospheric Administration, ha richiamato per l’8 ottobre un giorno di riflessione mondiale sul problema. La situazione è comunque destinata a peggiorare nei prossimi mesi.
PErché sbiancano? L’aumento della temperatura degli oceani e il rafforzamento di El Niño in questi ultimi mesi hanno innescato una serie di fenomeni che portano le barriere coralline ad espellere le alghe che sono responsabili dei loro meravigliosi colori. Più di un terzo delle barriere coralline dell’Oceano Pacifico, dell’Oceano Indiano e di quello Atlantico sono diventate interamente biancastre e, secondo il Noaa, entro la fine dell’anno in corso ben 12.000 chilometri quadrati di scogliere sono destinate a scomparire.
Non è la prima volta. Sottolinea Ove Hoegh-Guldberg, dell’Università del Queensland a Brisbane, in Australia: «Nessuno si aspettava una situazione simile, essa va al di là di ogni nostra più pessimistica ipotesi».
I coralli sbiancati sono molto più vulnerabili a fattori di stress e a malattie che li possono aggredire portandoli alla morte. Nel 1998, il più grande fenomeno di sbiancamento di coralli, che potrebbe essere superato dall’attuale, portò alla distruzione del 16% delle barriere coralline del pianeta.
CI SI è MESSO ANCHE “BLOB”. Il processo di sbaincamento odierno ha avuto inizio nel 2014, nell’Oceano Pacifico, in prossimità di varie isole tra cui le Hawaii, per poi "diffondersi" verso gli altri oceani.
Le cause, come detto sono le temperature più alte della norma. Le temperature oceaniche, secondo il Noaa, sono state più alte di circa 0,6°C rispetto alle medie del ventesimo secolo. In più, stanno subendo un ulteriore rialzo in seguito a El Nino, soprattutto nella fascia tropicale dell'Oceano Pacifico.
A ciò si è aggiunta una grande massa di acqua calda che, negli ultimi mesi, si è mossa a varie latitudini nell’Oceano Pacifico e alla quale gli oceanografi hanno dato il nome di “blob”. Non si sa se il fenomeno è del tutto naturale, seppur raro, o a da legare ai mutamenti climatici in atto.
SCIENZIATI E PRIVATI. Per avere un quadro della situazione i ricercatori sono partiti dai dati satellitari che indicano dove le acque sono più calde della norma. Una volta individuate le zone, volontari e ricercatori si sono recati sul luogo per verificare la situazione dei coralli. In questa particolare operazione si è distinta la XL Catlin Seaview Survey, una società privata che ha mappato le barriere coralline di 26 Paesi diversi a partire dal 2012.
UN PO’ DI OTTIMISMO. In questo quadro molto grave c’è una nota di ottimismo che arriva da un lavoro pubblicato all’inizio di quest’anno su Nature. Lo studio aveva osservato il recupero del colore delle barriere coralline dopo lo "sbiancamento" del 1998: nelle Seychelles 12 barriere su 21 erano riuscite a recuperare il loro colore e quindi anche la loro “forza”.
Hoegh-Guldberg tuttavia, sottolinea: «Non bisogna essere comunque troppo ottimisti, perché nel caso in cui eventi troppo ravvicinati di sbiancamento si ripetessero nei prossimi anni non si avrebbe il tempo necessario perché le barriere possano riprendersi, come è avvenuto nel 1998».