Come se il soprannome di "pianta cobra" non fosse, da solo, abbastanza terrificante, la Darlingtonia californica, una pianta carnivora statunitense simile, nell'aspetto, a un serpente, può contare su una schiera di aiutanti invisibili per catturare le sue prede.
Gli stessi batteri che l'aiutano a digerire gli insetti, infatti, le danno una mano anche a intrappolarli, diminuendo la tensione superficiale del liquido in cui i poveretti si trovano (e facendoli così affogare prima).
Pozzo infernale. Il vegetale cattura le prede in una foglia modificata a forma di tubo, l'ascidio, riempita con un liquido secreto dalla pianta. In origine questa letale piscina, protetta dall'acqua piovana, è limpida e pulita, ma dopo una settimana, per effetto dei batteri che degradano gli insetti, diventa torbida, marroncina e maleodorante.
Impossibile galleggiare. David Armitage dell'Università di Notre Dame nell'Indiana ha ricreato in laboratorio queste trappole liquide aggiungendo a normale acqua il fluido delle Darligtonia, più alcuni grilli morti. Dopo un mese, il liquido aveva la stessa, bassa tensione superficiale di quello all'interno delle piante cobra.
A questo punto il ricercatore ha creato una serie di altre trappole con un fluido sempre più diluito, e vi ha introdotto alcune formiche. Gli insetti sono annegati subito in tutte le provette, tranne che in quelle prive dei batteri, in cui sono rimasti a galla più a lungo.
Aiuto interessato. Per Armitage, questi microbi si comportano in modo simile a quelli presenti nell'intestino dei mammiferi e nello stomaco degli erbivori. Digeriscono, ma in più, per assicurarsi di avere cibo, danno una mano a eliminare in fretta le prede.