È difficile abituarsi a una telefonata dall’Antartide: chissà perché, ma al telefono viene spontaneo alzare la voce, quasi gridare. Eppure, attraverso il satellitare, la voce di Nicola Pussini, il ricercatore italiano dell'Acquario di Genova impegnato in una missione scientifica in Antartide che Focus sta seguendo in esclusiva, arriva chiara e tranquilla come se fosse lì accanto.
Ci ha contattato venerdì sera, dal Campo Remoto Stagionale di Cape Sherriff: lì Nicola sta effettuando esperimenti scientifici sulla popolazione di foche leopardo e foche di Weddell. E grazie a un collegamento a Internet via satellite, ci ha mandato alcune immagini.
Nicola inizia da un aneddoto. E racconta che ha appena vinto il primo premio di un concorso.
Quale?
Eh, visto che qui il lavoro è tanto ma per il resto non c’è molto da fare… ci diamo alla cucina. Al punto che, a ogni missione, organizziamo il “Big Booty Contest”. In pratica, ci pesiamo all’inizio, a metà missione e alla fine. Vince chi è ingrassato di più. Con un certo orgoglio italiano, posso affermare che dopo meno di tre settimane, le pastasciutte mi hanno fatto diventare “Campione d’Inverno”. Con due chili abbondanti…
In effetti, la foto della colazione è abbastanza indicativa.
Il fatto è che, dopo colazione, il lavoro (vero e serio) di Nicola inizia a ritmo serrato. E con finalità che non riguardano soltanto la tutela della fauna antartica.
Nicola, in che modo il lavoro di ricerca sulla fauna antartica è importante per il nostro futuro?
«Il 70% della superficie terrestre è occupata dall’Oceano. È questo che regola la maggior parte delle risorse naturali ed il clima. Gli studi sui cambiamenti climatici nell’ecosistema marino sono ancora decisamente indietro rispetto quelli fatti sull’ecosistema terrestre.
Molte regioni della Terra, soprattutto quelle polari stanno attraversando notevoli cambiamenti nell’interfaccia atmosfera-oceano, nella composizione delle acque e nella copertura di ghiaccio terrestre. Questi cambiamenti si riflettono nella catena alimentare».
«La West Antarctic Peninsula (WAP), il Nord Ovest dell’America, e le pianure Siberiane, sono le tre regioni del pianeta che maggiormente hanno risentito dei cambiamenti climatici. Di queste, solo la Penisola Antartica ha un ecosistema marino. Per questo motivo la WAP è il miglior posto per studiare glieffetti del riscaldamento globale sull’ecosistema marino. Capire cosa succede qui ci permetterà di predire i cambiamenti che avverranno in scala mondiale».
Quanto sono ampi questi cambiamenti?
«Negli ultimi 50 anni la temperature nella WAP è aumentata di 6 °C. E l’87% dei ghiacciai si sta restringendo e sciogliendo.
Negli ultimi 30 anni il fitoplancton è diminuito del 12% circa. E questa diminuzione ha portato a cambiamenti anche nel krill, che ci ciba di fitoplancton, a favore di tunicati (come la Salpa) che hanno preso il sopravvento. Questo ha influenzato dieta e comportamenti dei grandi mammiferi all’apice della catena alimentare come balene e foche, ma anche pinguini. Basti pensare che nella WAP la popolazione dei pinguini di Adelia è diminuita del 90% negli ultimi 30 anni, lasciando i posto ai papua e antartici».
Un equilibrio delicato, insomma...
«Delicatissimo. Come si può capire, leggeri cambiamenti nel clima, portano a grossi cambiamenti nell’ecosistema. Gli studi sull’ecosistema Antartico sono sempre più difficili da portare avanti, per le condizioni e per i notevoli costi. Negli ultimi anni sì sta cercando di limitare l’utilizzo di navi per passare ad attrezzature oceanografiche sempre più piccole, da “installare” direttamente sulla fauna antartica».
È per questa ragione che Nicola e il suo team lavorano per fare in modo che le foche diventino le nostre “sonde”: rilevatori viventi, grandi alleati degli scienziati nel comprendere i delicati equilibri che l’azione dell’uomo sta modificando alle fondamenta.