È un pianeta sovrasfruttato, saccheggiato del 50% oltre i suoi limiti ecologici da un'esigua minoranza dei suoi abitanti quello che emerge dall'ultimo rapporto del Worldwatch Institute, il più autorevole centro di studi interdisciplinari su temi ambientali al mondo.
Nel report "State of the World 2013: Is Sustainability Still Possible?" i principali esperti di ecologia analizzano il concetto di sostenibilità ambientale e tracciano importanti linee guida per evitare di depauperare la Terra fino a segnarne la fine.
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L'alta impronta ecologica del 10% dell'umanità - cioé gli individui più benestanti - nonché le pratiche di produzione intensiva di risorse da parte di poche multinazionali sono, si legge nel rapporto, le principali cause di stress della Terra, che sta uscendo dall'era geologica dell'Olocene per avventurarsi in quella più incerta e dominata dall'uomo dell'Antropocene, caratterizzata da modifiche strutturali e climatiche del pianeta.
Se vogliamo che una sola Terra ci basti è necessario attuare riforme che vadano al di là dei soliti programmi per il riciclo o delle vacanze a chilometro zero: servono una nuova rieducazione ambientale e riforme economiche che vadano nella direzione di uno sviluppo più verde.
Gli esperti del Worldwatch identificano 9 "confini" naturali che oggi tendiamo ad oltrepassare e che sarà invece necessario rispettare se non vogliamo che il pianeta esaurisca le sue risorse: cambiamenti climatici, perdita della biodiversità (cui è dedicata la giornata di oggi), il ciclo dell'azoto e del fosforo, l'ozono stratosferico, l'acidificazione degli oceani, l'uso dell'acqua dolce e quello della terra coltivabile, il carico di aerosol emessi in atmosfera e l'inquinamento chimico.
Vivere all'interno dei confini del pianeta, si ricorda nel rapporto, non significa depauperare di risorse chi già ne possiede poche: vanno rispettati i confini sociali come la possibilità per tutti di accedere ad acqua pulita, istruzione, cure sanitarie, cibo. Un'equa suddivisione della terra da coltivare, per esempio, prevede che ciascuno abbia diritto a 1,7 ettari di terreno, mentre gran parte del suolo coltivato si trova oggi nelle mani di poche, ricchissime compagnie produttrici.
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