Ogni anno in queste settimane i prati sembrano cambiare abito all'unisono, come in risposta a un tacito e coordinato segnale. Ma quale processo chimico dà il "la" a questa trasformazione di primavera?
La principale responsabile è una proteina chiamata Flowering Locus T (FT), un potente induttore della fioritura. Ora uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences chiarisce esattamente in quali cellule viene prodotta questa sostanza - un'informazione che potrebbe servire a quanti coltivano piante di professione.
Che tempo fa? Le basi del processo di fioritura iniziano con la percezione della durata del giorno, che avviene a livello delle foglie. Alcune piante sbocciano quando le giornate si allungano, altre prediligono le giornate corte. L'arabetta comune (Arabidopsis thaliana), la pianta studiata dai biologi della Cornell University, autori dello studio, appartiene alla prima categoria.
Si parte. Le foglie sintetizzano e trasmettono la proteina FT nel tessuto vascolare (il floema, incaricato del trasporto di zucchero e nutrienti al resto della pianta) che fa viaggiare l'induttore fino all'apice del germoglio, dove si trovano le strutture che daranno origine a nuovi fusti e foglie. Qui la proteina FT promuove la formazione di nuovi boccioli.
Le centrali di produzione. Fin qui quello che già si sapeva. Questa volta però i ricercatori hanno utilizzato marcatori fluorescenti per identificare i tipi di cellule nel floema - le "vene" delle foglie - dove è prodotta la proteina, e hanno scoperto che essa è generata in cellule analoghe anche in altre piante, come quella del tabacco (Nicotiana tabacum).
Quando queste cellule vengono neutralizzate, la fioritura subisce ritardi. In pratica, tutta la catena di reazioni a valle, rispetto al segnale fornito dalla FT, non riesce ad avvenire. Restano però quelle "a monte": la fioritura è infatti un fenomeno orchestrato da una complessa rete di reazioni chimiche, controllata nel complesso da oltre 30 proteine interagenti.