Lo scorso 20 maggio il golfo del Bengala è stato colpito dal ciclone tropicale Amphan, il più potente dai tempi del ciclone Sidr che nel 2007 fece 10.000 morti nel golfo, dei quali 3.400 solo in Bangladesh. A quasi un mese dal disastro la conta dei morti in Bangladesh è molto diversa da quella di 13 anni fa: a oggi si registrano 26 vittime.
È un risultato storico per il Bangladesh, raccontano su The Conversation Ilan Kelman e Bayes Ahmes, esperti di disastri allo University College di Londra: il Paese asiatico ha una triste storia di disastri naturali, a partire dal ciclone del 1970 che fece 500.000 vittime e quello del 1991 che ne fece 140.000. Il merito, spiegano i due, è di un piano onnicomprensivo di prevenzione e rapida risposta che ha trasformato il Paese nel giro di pochi anni.
Prevenire è meglio che curare. Solo in Bangladesh, Amphan ha inondato circa 4.000 km quadrati di terra, distruggendo case, raccolti e infrastrutture – tutto questo mentre il Paese cominciava a sentire i primi effetti della pandemia, con circa 1.600 casi confermati e ancora solo 16 morti. Il Bangladesh di oggi, però, può mettere a disposizione della popolazione a rischio una rete di più di 12.000 rifugi anti-ciclone; nel 1970 in tutto il Paese ce n'erano appena 42. È solo uno dei tanti "pezzi" della rete di prevenzione e pronto intervento che il Bangladesh ha costruito negli anni: per esempio, in caso di pericolo l'allarme scatta rapidamente e arriva in modo uniforme in tutto il Paese, grazie a una modalità di distribuzione che varia dai messaggi sui social ai volontari che girano in bici e armati per i quartieri dei paesi. C'è poi grande attenzione all'educazione al rischio: le procedure di evacuazione vengono insegnate già a scuola.
Difese naturali. La strategia anti-ciclone del Bangladesh comprende anche opere di terraformazione, per esempio la creazione di polder, cioè di paludi costiere prosciugate, e al contrario di preservazione di difese naturali, per esempio preferendo una foresta di mangrovie a una barriera artificiale.
Molte di queste opere vengono organizzate e realizzate a livello locale, coinvolgendo la popolazione nella costruzione. Tutto questo è stato messo alla prova da Amphan, il ciclone arrivato in piena pandemia: a oggi ha distrutto migliaia di chilometri quadrati di terra ma ha fatto "solo" 26 vittime, a dimostrazione che il modello Bangladesh funziona.