Chi dice che il cambiamento climatico e il riscaldamento globale non esistono o non sono così gravi somiglia al protagonista di quella famosa freddura. Un uomo cade dal centesimo piano ma, fino a pochi centimetri da terra, pensa: «Che problema c'è? Non mi sono fatto niente». La realtà è ben diversa: stiamo per schiantarci sul marciapiedi. O meglio, il cambiamento climatico mostra i suoi effetti più estremi già oggi e ogni aumento della temperatura, anche di mezzo grado, è importante. Questi sono proprio i due aspetti fondamentali del global warming.
Molte ricerche confermano che i nostri anni sono un "punto di svolta" (la temperatura è già aumentata di circa 1 grado dal livello di riferimento del 1880): oggi infatti dal permafrost artico proviene più metano del previsto, che accelera il riscaldamento globale; le scorse estati hanno visto un'ondata di calore senza precedenti; e uragani e tifoni attraversano entrambi i principali oceani del mondo.
Condizioni meteorologiche più estreme sono sotto gli occhi di tutti; altre conseguenze, come l'innalzamento del livello del mare e la diminuzione del ghiaccio marino artico, sono meno evidenti. Ma soltanto perché non ce ne rendiamo conto.
Il secondo aspetto su cui gli scienziati insistono è la differenza tra un aumento di temperatura di 1,5 °C e uno di 2 °C, sempre rispetto alla "linea di base" del 1880. Poiché i numeri sono così piccoli tendiamo a banalizzare le differenze tra un grado e due, due gradi e quattro. Invece mezzo grado in più, stimano i climatologi, farebbe una notevole differenza. Non solo per la vita delle persone, ma anche per quella di molti ecosistemi e specie animali e vegetali. Con un aumento di 2 °C quasi tutte le barriere coralline si estinguerebbero, gli incendi e le ondate di calore spazzerebbero il pianeta ogni anno, e l'interazione tra siccità, inondazioni e temperature renderebbe meno sicura l'agricoltura e la distribuzione dell'acqua a livello mondiale.
Per la Giornata della Terra vediamo nel dettaglio alcuni effetti che sta avendo e avrà il cambiamento climatico.
ACQUE BOLLENTI. L'influenza del cambiamento climatico sull'area del Mediterraneo è tale che si parla di tropicalizzazione, con temperature elevate nell'intero corso dell'anno e precipitazioni violente e abbondanti concentrate in alcuni periodi. A questo fenomeno climatico si aggiunge anche l'innalzamento del livello del mare, le cui conseguenze, almeno in quest'area, sono difficili da stimare.
«Non è solo l'innalzamento del livello del mare, ma tutte le dinamiche, da quelle tettoniche alla struttura dei fondali, che influiscono sulla situazione presente dei nostri mari», spiega Gianmaria Sannino, responsabile del laboratorio di modellistica climatica e impatti dell'Enea.
Il Mediterraneo è considerato un mare chiuso, quasi un lago staccato dal resto delle acque marine, collegato agli oceani solo dallo Stretto di Gibilterra che funziona da "controllore idraulico"; da qui passa tuttavia un milione di metri cubi d'acqua al secondo.
«Quando si crea un modello climatico dell'innalzamento del livello del mare, per prevedere cosa accadrà nel Mare Nostrum è necessario perciò tenere particolarmente presente ciò che accade tra la Spagna e il Marocco», conclude Sannino. In base a questi modelli più precisi, si è concluso che oltre a zone come la Versilia o la laguna di Venezia, il mare minaccia anche monumenti importanti (vedi infografica qui sotto) e numerose città costiere, come Pescara.
Le temperature più alte colpiscono anche gli ecosistemi marini, e in conseguenza di ciò le specie animali e vegetali tendono a spostarsi verso nord. A questo si aggiungono anche le specie tropicali (provenienti dal Canale di Suez) che trovano nelle acque del nostro mare una temperatura adatta e un ambiente più ospitale.
Da questo corridoio, creato nel 1869, sono entrate molte specie: alcune di queste sono innocue, altre invece possono avere un grande impatto sugli ecosistemi. Due specie di pesci del genere Siganus, per esempio, brucano le foreste di alghe brune spogliando completamente le rocce su cui crescono. Oppure il pesce flauto (Fistularia commersonii), che si nutre di specie pescate dall'uomo. Le nuove condizioni ambientali indeboliscono alcune specie, come accade per esempio con la nacchera (Pinna nobilis). Questo mollusco bivalve che abita solo il Mediterraneo è stato colpito da un nuovo parassita (Haplosporidium pinnae) che ne ha decimato le popolazioni spagnole e italiane.
Il mare alle porte. Una delle conseguenze più importanti del cambiamento climatico e dell'aumento di temperatura è l'innalzamento del livello dei mari, causato solo in parte dalla fusione dei ghiacci della Groenlandia e dell'Antartide. bisogna considerare che l'acqua calda occu-pa più volume di quella fredda, e quindi l'espansione della massa liquida ne aumenta inevitabilmente il livello.
In ogni caso, i due limiti di innalzamento indicati dall'ipcc avrebbero conseguenze molto diverse: se la temperatura si alzerà di 1,5 °C, il livello dei mari aumenterà tra 26 a 77 centimetri; se invece la temperatura arriverà fino a 2 °C, si aggiungeranno dieci centimetri. Poco? Secondo l'ipcc, i dieci centimetri metterebbero in pericolo dieci milioni di persone in più rispetto a quelle già a rischio inondazione.
intere nazioni insulari (Stati costituiti da piccole isole, come Maldive e Kiribati) e città molto vicine alle coste, come venezia, new Orleans e new York, potrebbero scomparire sott'acqua.
La scomparsa dei coralli. L'anidride carbonica nell'aria ha raggiunto le 419 parti per milione nello giugno 2021. E ciò causa l'acidificazione degli oceani, cioè l'abbassamento del pH (l'indice che misura l'acidità o la basicità di una sostanza). Un mare leggermente più acido è nocivo per animali abituati a vivere in ambiente basico (ovvero a pH maggiore di 7), come i polipi del corallo o moltissime specie di crostacei che costruiscono attorno a sé una "casa" di carbonato di calcio. Se la temperatura si alzasse di 1,5 °C le barriere coralline si ridurrebbero del 70-90%. e praticamente tutte (più del 99%) andrebbero perse con 2 °C di aumento. La loro scomparsa colpirebbe milioni di persone che abitano sulle coste nella fascia tropicale e che vivono di pesca e turismo.
Oltre a colpire i coralli, il riscaldamento provocherà lo spostamento di molte specie marine, che si porteranno più a nord, e di conseguenza parecchi ecosistemi cambieranno struttura. Anche questo diminuirà la produttività delle zone di pesca e di acquacoltura, con un grosso impatto sulle popolazioni locali.
Assediati dal caldo. Le conseguenze dell'aumento di temperatura saranno gravi se l'innalzamento sarà limitato a 1,5 °C, ma peggioreranno molto se la temperatura supererà i 2 °C. Aumenteranno le ondate di caldo e crescerà anche la diffusione delle patologie, come la malattia di Lyme e le infezioni batteriche. «Anche se è complicato capire dove e quando l'aumento degli eventi estremi accadrà, siamo certi che anche in europa avremo un aumento di frequenza e intensità», dice Serena Giacomin, di Meteo.it, autrice con Luca Perri di Pinguini all'equatore. Perché non tutto ciò che senti sul clima è vero (De Agostini): «ci saranno piogge alluvionali, ondate di caldo e siccità». L'ipcc afferma anche che i cambiamenti climatici por-teranno maggiori rischi di malattia e morte, e incendi più intensi. L'aumento delle temperature estreme renderà alcune zone, specie nei Paesi tropicali, del tutto invivibili. La mor-talità sarà diversa a seconda della velocità del cambiamento, del tipo di abitazioni, della possibilità di accesso all'aria condizionata e altri fattori.
GHIACCI CHE FONDONO. Uno degli effetti del cambiamento climatico che porta al riscaldamento del pianeta è quello della fusione dei ghiacci.
Se l'Antartide è per ora al riparo dal fenomeno, anche grazie alla sua estensione e alle acque che la circondano, il ghiaccio del Polo Nord è in forte diminuzione. Se l'aumento di temperatura rimarrà al massimo a 1,5 °C l'oceano Artico sarà senza ghiaccio una volta ogni 100 anni. Se si arriverà a 2 °C, scomparirà totalmente ogni dieci anni.
Il problema più grave dei ghiacci artici è però la diminuzione del ghiaccio "antico", con più di cinque anni di et; che costituisce la base della calotta polare. Senza di esso, c'è il rischio che non si formi mai più nuovo ghiaccio stabile. Prive di questo ambiente, molte specie come orsi bianchi, trichechi e narvali avranno grosse difficoltà a sopravvivere.