

10 foreste da salvare

In occasione dell’Anno delle foreste, l’associazione Conservation international ha steso una lista delle foreste più ricche di specie e più minacciate del pianeta. Queste distese sono anche 10 hotspot di biodiversità, punti cioè dove il numero di specie animali e vegetali e le loro interazioni sono particolarmente elevate. A parte un paio di casi, quasi tutte queste foreste sono nei Paesi tropicali sia in Asia sia in Africa sia nell’America meridionale. Ogni hotspot ha le sue caratteristiche peculiari e le sue specie presenti, spesso endemiche e rarissime. Scoprile in questa fotogallery. INFO LUOGO Indo-Birmania (Asia-Pacifico) VEGETAZIONE PREDOMINANTE Foreste umide tropicali PERCENTUALE RIMANENTE 5% Attenti dal (pesce) gatto Le foreste attorno al bacino del fiume Mekong e al lago Tonle Sap sono fondamentali per la sopravvivenza delle popolazioni locali e di innumerevoli specie di animali e vegetali, come il pesce gatto gigante del Mekong (Pangasianodon gigas). Le foreste e le paludi sono distrutte per far posto a risaie, sui fiumi si costruiscono dighe e anche le foreste di mangrovie costiere sono distrutte per la creazione di allevamenti di gamberetti.
Foto: © Foto: © Conservation International/Sitha Som

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Nelle foreste vive il kagu (Rhynochetos jubatus), un uccello praticamente incapace di volare. Unico rappresentante della sua famiglia, è minacciato dalle miniere e dall’attività forestale.
Foto: © Conservation International/Bruce Beehler

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Foto: © Conservation International/Haroldo Castro

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Particolarmente elevata è la biodiversità degli anfibi, con specie molto peculiari come la rana volante. I pericoli più gravi vengono dallo straordinario aumento di popolazione e dall’attività di abbattimento e raccolta del legname.
Foto: © Olivier Langrand

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Foto: © Conservation International/John Martin

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Nella maggior parte dei fiumi principali sono inoltre progettate altre dighe grandi o piccole, necessarie per l’enorme fame di energia della nazione asiatica.
Foto: © Conservation International /Piotr Naskrecki

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Foto: © William Crosse

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Foto: © Robin Moore/iLCP

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Foto: © Cristina Mittermeier/ iLCP

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La foresta dell’Albertine Rift (presenti in Ruanda, Burundi, Repubblica del Congo e Uganda) sono tra le più ricche di specie dell’intera Africa, e moltissime di esse devono ancora essere scoperte.
All’intero della regione, ci sono alcuni laghi relativamente giovani in cui l’evoluzione ha creato una quantità altissima di pesci endemici (617 specie), in particolare tra i ciclidi. Come nella maggior parte delle foreste tropicali, i pericoli maggiori derivano dall’aumento di popolazione e la conseguente espansione delle attività agricole di sussistenza.
Foto: © Robin Moore/iLCP

Ancora oggi le strisce della zebra sono uno dei più inspiegabili misteri della natura. A cosa servono? Di quale vantaggio evolutivo hanno goduto gli animali che le avevano? Le risposte degli zoologi a questi interrogativi sono molte e diverse.
Secondo alcuni le strisce sono una forma di mimetismo per difendersi dai predatori: quando un branco di zebre fugge compatto, gli assalitori non sarebbero in grado di distinguere i singoli individui ma solo una massa rigata dai contorni indefiniti.(Zebre, leoni e altre meraviglie africane: vieni a scoprirle)
Altre teorie ipotizzano che l'alternanza di bianco e nero possa regolare l'assorbimento della luce del sole e quindi la temperatura del corpo, o che le strisce servano come "carta d'identità" per i singoli individui.(Non solo Zebre: alla scoperta del Madagascar)
Ma la teoria più innovativa è stata formulata nel 2009 da Jeffry Waage, un entomologo inglese, secondo il quale le strisce delle zebre sarebbero un repellente naturale contro le mosche tse-tse, responsabili della trasmissione della malattia del sonno.
Questi pericolosi insetti sono muniti di occhi sfaccettati che non permettono loro di distinguere forme e prospettive: per la mosca tse-tse la zebra e le sue strisce sarebbero quindi praticamente indistinguibili dallo sfondo dell’immagine. Questa teoria sembra confermata dal fatto che le zebre, pur essendo l’unico animale della savana a non aver sviluppato l’immunità nei confronti della malattia del sonno, sono la specie meno colpita da questa patologia.
Foto: © Arthur Morris/Corbis