Un consumo di risorse prepotente e in piena "esplosione" da parte dell'uomo ha causato, negli ultimi quattro decenni, una calo generalizzato e senza precedenti di esemplari nelle popolazioni di vertebrati. O meglio, con alcuni precedenti, sì, ma rintracciabili soltanto nelle grandi estinzioni di massa che hanno interessato la storia del Pianeta.
Lo afferma il Living Planet Report 2018, un rapporto del WWF che ogni due anni fa il punto sulla situazione della fauna selvatica terrestre. Il documento ha rilevato, per il periodo tra il 1970 e il 2014, perdite medie del 60% nelle popolazioni di mammiferi, pesci, anfibi, rettili e uccelli, una percentuale allarmante che per gli autori dell'analisi rende necessario istituire, in nome della tutela della biodiversità, accordi internazionali simili a quelli presi sul clima.
Come interpretarlo. Come sottolinea un articolo su BBC, occorre tuttavia leggere con attenzione questi numeri. Il rapporto non dice che abbiamo perduto il 60% dei vertebrati terrestri, ma valuta la diminuzione media registrata in ciascuna specie: un calo drastico del numero di esemplari di una specie già rara (per esempio, di panda) non equivarrà a una riduzione sostanziale dei vertebrati terrestri (perché i panda sono già pochi), ma contribuirà ad aggravare la percentuale di diminuzione media nelle popolazioni animali studiate. Per intenderci, il rapporto ci dice di quanto le popolazioni di singole specie si stanno rimpicciolendo, ma non afferma che abbiamo eliminato dalla Terra il 60% dei vertebrati.
Ogni metro libero. La situazione è in ogni caso cupa, al punto che oggi, nel 2018, solo un quarto della superficie terrestre disponibile risulta libera dall'impatto dell'attività umana. Nel 2050, sarà il 10%. L'occupazione di terra per la produzione di cibo, energia e infrastrutture strappa alle specie animali habitat essenziali per la loro sopravvivenza (e per la nostra: perché è dalla ricchezza degli ecosistemi, che traiamo risorse per vivere).
Chi è messo peggio. Nonostante gli sforzi di riforestazione in diverse regioni, la deforestazione è accelerata nelle foreste tropicali scrigno della biodiversità terrestre. Le riduzioni più marcate nelle popolazioni di vertebrati (dell'89% rispetto al 1970) si sono concentrate in America meridionale e centrale. Nelle specie d'acqua dolce (fiumi, laghi, paludi), l'assottigliamento medio infraspecie è stato dell'83%. I dati, ottenuti da una revisione di studi scientifici sul tema, coprono 16.700 popolazioni animali appartenenti a circa 4000 specie.