Ciò che non si misura, magari neppure esiste: questo semplice pensiero si adatta in modo particolare allo studio dei gas serra che contribuiscono al riscaldamento del nostro pianeta, e che (fuor di polemica) sono comunque oggettivamente difficili da misurare - e in particolare "da attibuire" nella complessità di questa epoca segnata dall'uomo, l'Antropocene.
Negli ultimi anni si è fatto una grande sforzo per pesare la nostra impronta sul pianeta anche sul versante delle emissioni di gas serra in atmosfera, utilizzando flotte di satelliti e di aerei, oltre a una schiera di strumenti a terra - tutto per monitorare l'anidride carbonica e il metano.
Uno dei sistemi più all'avanguardia è il Carbon Monitoring System (CMS) della Nasa, nato nel 2010 su iniziativa del Congresso Usa per organizzare e armonizzare tutte le informazioni relative alle emissioni, per facilitare il lavoro dei "decisori" politici e industriali. Il CMS è stato finora finanziato con 10 milioni di dollari l'anno.
Il taglio. Finora, perché l'amministrazione del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha rimosso il CMS dai progetti da finanziare, e questo senza alcun clamore.
«Questa decisione mette a repentaglio anche i programmi di verifica sui tagli alle emissioni di gas serra di altri Paesi, così com'era stato deciso alla Cop21, la conferenza sul clima di Parigi», commenta Sims Gallagher, direttore del Centro per le politiche internazionali per l'ambiente dell’Università di Tufts, nel Massachusetts, che aggiunge: «se non è possibile misurare la riduzione delle emissioni, come si può sapere se gli impegni presi dai vari Paesi vengono rispettati? Annullare il CMS è un grave errore.»


Non solo CMS. La Casa Bianca prosegue nel suo attacco a tutto ciò che è "scienza del clima": ha già tagliato ripetutamente i finanziamenti alla Nasa sui programmi di scienze della Terra e costretto a rivedere importanti missioni già programmate, come l’Orbital Carbon Observatory 3 (OCO-3).
Senza spiegazioni se non laconici comunicati come "vincoli di budget e altre priorità hanno portato a finanziare altre ricerche scientifiche". Tra i 65 progetti supportati dal CMS dal 2010, alcuni si sono concentrati sulla comprensione del modo con il quale le foreste gestiscono il carbonio.
Il Servizio Forestale degli Stati Uniti, ad esempio, ha operato per valutare il modo con il quale le foreste assorbono il carbonio direttamente dalla superficie, ma non era ini condizioni di estendere il lavoro alle foreste dell'Alaska: è stato il CMS a sviluppare un sistema di imaging laser utilizzabile da aerei, che ha permesso di completare il lavoro.
Spiega Geoarge Hurtt (Università del Maryland), del CMS, che «con quel sistema si è potuto realizzare un inventario del carbonio delle foreste dell’Alaska a costi molto contenuti».

Lo stesso sistema è stato poi usato per studiare vaste aree di alcune foreste tropicali, il carbonio disciolto nel fiume Mississippi e per le ricerche della Harvard University sul metano in atmosfera.
Resta solamente l’ESA. «Sono decisioni di bisogna vergognarsi», commenta Daniel Jacob, chimico dell'atmosfera alla Harvard University: «per fortuna sono ricerche condotte anche dall'Agenzia spaziale europea con alcuni satelliti che monitorano dallo Spazio il carbonio terrestre». Ma dimezzare di colpo i dati a disposizione certamente non aiuterà la ricerca e renderà ancora più difficile raggiungere gli obiettivi della COP21.