Ecologia

USA, è ufficiale: niente regole sulle perdite di metano

Cancellate le norme che obbligavano le compagnie estrattive a monitorare e riparare eventuali perdite di metano: dalla comunità scientifica si leva un coro di proteste.

L'agenzia USA per la protezione dell'ambiente (l'Environmental Protection Agency, EPA) ha ufficializzato quella che fino al 13 agosto scorso era solo una proposta, eliminando le leggi federali sul controllo delle perdite di metano nelle attività estrattive di petrolio e gas, e di fatto sollevando le compagnie del settore energetico da qualunque obbligo di rilevare e riparare le fughe di metano. Come spiega un articolo pubblicato sul New York Times, la decisione del governo Trump è totalmente opposta alla visione della comunità scientifica, che avverte che l'inquinamento da metano sta accelerando gli effetti della crisi climatica.

Il potere dei soldi. Dietro alla decisione dell'amministrazione Trump ci sono importanti interessi economici: «Le norme stabilite dall'amministrazione Obama-Biden hanno gravato pesantemente sulle imprese del settore energetico», afferma Andrew Wheeler, capo dell'EPA. La nuova regolamentazione elimina costi normativi definiti "non necessari" e porterà nel bilancio degli USA circa 100 milioni di dollari l'anno fino al 2030, gravando però sull'atmosfera con circa 850.000 tonnellate di metano, complessivamente. Tuttavia, per l'EPA, "le nuove leggi proteggeranno la salute umana e l'ambiente".

L'agenzia per l'ambiente e la scienza. Wheeler ha giustificato la decisione citando i dati in possesso dell'EPA, che dimostrano che le perdite da pozzi di petrolio e gas nazionali si sono mantenute stabili nel corso dell'ultimo decennio, nonostante il boom della produzione. Tuttavia, numerose ricerche scientifiche dimostrano il contrario: i livelli delle emissioni di metano starebbero aumentano in tutta la nazione, con picchi record proprio a causa delle perdite dovute agli impianti di estrazione (in particolare da gas da argille, shale gas). «L'80% degli studi dimostra che le emissioni di metano sono due o tre volte superiori a quelle dichiarate dall'EPA», afferma l'ecologo Robert Howarth (Cornell University), autore di uno studio sul tema pubblicato nell'agosto del 2019. Il 25% del riscaldamento causato dall'uomo negli ultimi vent'anni, sottolinea l'esperto, è dovuto alle emissioni di metano.

Secondo l'EPA, gli impianti di estrazione di petrolio e gas avrebbero emesso circa 7 milioni di tonnellate di metano tra il 2014 e il 2018. Studi indipendenti mostrano però che queste sono stime al ribasso: secondo uno studio internazionale coordinato da Robert Jackson (Stanford University) gli Stati Uniti hanno disperso in atmosfera 13 milioni di tonnellate di metano nel solo 2017confermando nella sostanza i risultati di un ampio studio condotto su dati del 2015 (pubblicato su Science nel 2018), ad opera di un nutrito team di scienziati di diverse università USA, che denunciava come

- per il solo 2015 - le emissioni di metano dovute alle attività estrattive fosse di almeno il 60% superiore alle stime dell'agenzia per l'ambiente.

Questione di misurazioni. La differenza nei dati presentati da scienziati ed EPA starebbe nei metodi e nelle fonti: l'EPA mette insieme autocertificazioni delle aziende con misure effettuate su pozzi, tubature e altri impianti. Al contrario, gli scienziati che studiano il clima, l'atmosfera e le emissioni di gas serra, utilizzarno tecnologie d'avanguardia, come satelliti, aeroplani e altri velivoli dotati di fotocamere a infrarossi e rilevatori atmosferici: misure sul campo effettuate con strumenti che non certificano nulla a beneficio di chi li usa, ma analizzano e misurano - e le serie di dati sono sempre disponibili con gli studi.

L'Accordo di Parigi è in pericolo. La maggiore preoccupazione di buona parte della comunità scientifica è che, con questa nuova deregolamentazione, si veda svanire la possibilità (già remota) di rispettare gli obiettivi fissati dall'accordo sul clima di Parigi. L'accordo, già fragile dopo che gli Stati Uniti ne erano usciti tre anni fa, non considerava certo scenari in cui potesse esserci una nuova crescita delle emissioni di metano in atmosfera: «Questa crescita potrebbe intensificare molti degli effetti già gravi del riscaldamento globale, come siccità, ondate di calore, uragani e inondazioni costiere devastanti», spiega Peter Raymond (Yale University), autore insieme ad altri 85 scienziati di università ed enti di ricerca di tutto il mondo, di uno studio multidisciplinare sul metano e sulle emissioni, mentre per Robert Jackson «questa nuova regola equivale ad affermare che la scienza non ha alcuna importanza. Significa favorire guadagni a breve termine a discapito di una salute economica e umana a lungo termine».

9 settembre 2020 Chiara Guzzonato
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