Ecologia

USA, cade il divieto di riportare in patria i trofei della caccia all'elefante

L'amministrazione Trump ha annunciato di voler cancellare una legge che impediva a chi va a caccia in due Paesi africani di tornare a casa con avorio e altri lugubri resti di elefanti uccisi. La motivazione è davvero poco credibile.

Il Dipartimento degli Interni degli Stati Uniti d'America permetterà ai cacciatori di importare negli USA i resti di elefanti uccisi in due Paesi africani - Zambia e Zimbabwe - tra l'inizio del 2016 e la fine del 2018.

La decisione annunciata questa settimana in un forum sugli animali selvatici in Sudafrica, annulla il divieto fissato nel 2014 dall'amministrazione Obama, che impediva a chi pratica caccia sportiva di rientrare in patria con avorio e altri trofei di pachidermi.

Sempre meno. Gli elefanti sono considerati una specie a rischio e sono quindi protetti dall'Endangered Species Act (ESA) americano. Secondo il Great Elephant Census pubblicato nel 2016 le popolazioni di elefanti della savana si sono assottigliate del 30% in 18 nazioni africane tra il 2007 e il 2014, in gran parte a causa del bracconaggio. In alcune aree dell'ecosistema dello Zambesi, di cui lo Zimbabwe fa parte, il declino ha raggiunto, nello stesso periodo, il 74%.

Nessuna garanzia. Una clausola dell'Endangered Species Act permetteva di riportare in patria i "trofei" di caccia ottenuti - nel rispetto delle minime quote previste per la caccia sportiva - in Paesi che si dimostrino attivamente impegnati nelle politiche di conservazione animale. Poiché per Zambia e Zimbabwe (quest'ultimo è nel pieno di un golpe) queste condizioni non ci sono, nel 2014 era stato deciso il divieto.

Uccidere per proteggere? In questo contesto, l'amministrazione Trump (per varie vie connessa al controverso sport) ha fatto sapere di essere in possesso di informazioni che vanno a favore della cancellazione del bando. Un portavoce della US Fish and Wildlife Service ha dichiarato ai giornalisti che «una caccia sportiva legale e ben regolata può favorire la conservazione di certe specie perché offre incentivi alle comunità locali affinché tutelino le specie e investano nella conservazione».

Corruzione e bracconaggio. A dire il vero anche la IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) sostiene in parte questa politica della caccia legale, che sarebbe tra le principali fonti di reddito da destinare alle attività di conservazione. Tuttavia, nella pratica il sistema sembra non funzionare e favorire attività sommerse di bracconaggio.

Un altro problema è la corruzione: raramente, in paesi caratterizzati da una forte instabilità politica, i soldi ricavati dalla caccia finiscono alle piccole comunità rurali. Altre attività che non prevedano di uccidere elefanti per tutelare elefanti - come l'ecoturismo - sembrano alternative migliori.

18 novembre 2017 Elisabetta Intini
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