6 ottobre 2017: la Campagna internazionale per l'abolizione delle armi nucleari (ICAN) ha vinto il Nobel per la Pace 2017, "per il suo impegno nel sollevare l'attenzione sulle catastrofiche conseguenze umanitarie che avrebbe qualunque uso di armi nucleari, e per i tentativi innovativi di arrivare a un trattato di proibizione di queste armi".
L'ICAN è una coalizione di organizzazioni non governative provenienti da circa 100 diversi Paesi nel mondo che ha avuto un ruolo determinante nell'adozione del nuovo trattato per la messa al bando delle armi nucleari adottato dall'Onu il 7 luglio 2017, e che entrerà in vigore non appena almeno 50 stati l'avranno firmato.
Come spesso accade, quello di oggi è anche un premio "di incoraggiamento": mai come oggi la minaccia nucleare è reale e al centro della politica internazionale.
Test nucleari. Nel crescendo di minacce tra Kim Jong Un e Donald Trump, uno degli scenari prospettati potrebbe aver evocato, ai più attenti, una pagina poco gloriosa della storia recente: quella dei test nucleari condotti dagli Stati Uniti, fino a poco prima degli anni '60, nella parte settentrionale delle Isole Marshall, a metà strada tra Hawaii e Australia.
Che cosa accadrebbe se si concretizzassero le minacce nordcoreane di far detonare una bomba all'idrogeno sull'Oceano Pacifico? Quali sarebbero, tralasciando le conseguenze geopolitiche, le ripercussioni per l'ecosistema?
Triste record. Il ministro degli Esteri della Corea del Nord ha dichiarato che potrebbe trattarsi della più potente bomba all'idrogeno mai fatta esplodere sull'oceano. Di sicuro, sarebbe il primo test atomico sul mare condotto in atmosfera da 40 anni a questa parte: l'ultimo eseguito non sottoterra avvenne infatti in Cina nel 1980.
Devastazione iniziale. L'effetto distruttivo più immediato e devastante deriverebbe dall'energia esplosiva dell'ordigno: la bomba all'idrogeno che la Nord Corea dice di avere potrebbe generare una detonazione pari a quella dello scoppio di 15 milioni di tonnellate di dinamite, 1000 volte più potente di quella che rase al suolo Hiroshima.
La ragione è nella conformazione a due stadi della bomba H (vedi qui), in cui la fissione nucleare viene usata per innescare una prima esplosione e innescare, di conseguenza, reazioni di fusione nucleare. Il test di una bomba all'idrogeno (il cosiddetto "Mike Test") eseguito dagli USA sull'isola di Elugelab, nel Pacifico, nel 1952, sprigionò una potenza di 11 megaton, 800 volte la bomba di Hiroshima, e un'onda di calore che raggiunse il raggio di 56 km.
Ceneri e crateri. L'esplosione cancellerebbe ogni traccia di vita marina nel raggio di centinaia di km, istantaneamente. Potrebbe creare nei reef crateri permanenti: quello largo 1,6 km lasciato dalla bomba termonucleare statunitense "Shrimp" nell'Atollo Bikini, nel 1954, distrusse 200 miliardi di tonnellate di barriera corallina, trasformandone i frammenti in una pioggia radioattiva che si riversò soprattutto sugli atolli ad est, causando morti e malattie che, tra gli abitanti delle Isole Marshall di cui l'atollo fa parte, perdurano ancora oggi.
Fino all'uomo. I venti trasporterebbero le ceneri radioattive per centinaia di km; le mutazioni nel DNA causate nelle specie che riuscissero a sopravvivere, si protrarrebbero per generazioni. Le larve e le uova degli animali marini sono particolarmente vulnerabili a questo tipo di danno: le conseguenze si ripercuoterebbero sulla catena alimentare, fino agli animali più grandi di cui ci nutriamo.
Danni indelebili. Le particelle radioattive finirebbero per contaminare aria, suolo e falde acquifere di tutto il pianeta. Ancora oggi, a oltre 60 anni dall'operazione Castle Bravo condotta dagli USA nell'Atollo Bikini, sull'isola si registrano livelli di radioattività ancora allarmanti - gli effetti di una bomba atomica di 15 megatoni, 1000 volte più potente di quelle di Hiroshima e Nagasaki.
Inverno nucleare. Il fumo liberato dal fungo atomico renderebbe inoltre impossibile la sopravvivenza agli organismi che svolgono la fotosintesi. E questo, posto che la Corea del Nord intenda far precipitare l'ordigno in modo controllato - da un aeroplano, da una chiatta, da un pallone atmosferico.
Fuori controllo. Se invece la bomba fosse caricata su un missile balistico intercontinentale, per esempio lanciato da un sottomarino, esisterebbero anche i problemi legati all'incertezza del lancio e alla possibilità di un fallimento. Il vettore potrebbe esplodere in volo, facendo esplodere la bomba in un luogo, e a un'altitudine, non previsti, con effetti non quantificabili.