Porta dell'Inferno: un nome del genere dovrebbe bastarvi per capire che stiamo parlando di un luogo fuori dal comune. Si trova in Turkmenistan e, anche se sarebbe più corretto chiamarlo "cratere gassoso Darvaza", è noto in tutto il mondo con quel diabolico soprannome: si tratta di un buco nel terreno che da almeno 50 anni brucia in continuazione gas metano e che, come riportato da France-Presse, è stato (di nuovo) condannato allo spegnimento dal presidente del Turkmenistan, Gurbanguly Berdymukhamedov. Il problema è che non è la prima volta che si prova a spegnere il gigantesco incendio, e come le volte precedenti non è chiaro come ci si possa riuscire.
50 anni di fuoco. Ci sono testimonianze discordanti relative alla formazione della Porta dell'Inferno. La versione più diffusa fa risalire l'inizio dell'incendio al 1971: durante una campagna di scavo nel deserto del Karakum per estrarre il gas naturale che riposa sotto la superficie, una delle piattaforme sovietiche impegnate nelle trivellazioni crollò a terra, aprendo un gigantesco buco nel terreno (la superficie del Darvaza è di oltre 5 km2). Per fermare la fuoriuscita di metano dal sottosuolo, i sovietici appiccarono l'incendio, sperando di bruciare tutto il gas in breve tempo.
Cinquant'anni dopo il fuoco brucia ancora. C'è anche chi, come l'esploratore George Kouronis, sostiene invece (supportato dalle testimonianze dei geologi locali) che il cratere esista dagli anni Settanta, e che solo negli anni Ottanta si sia deciso di dargli fuoco. Quali che siano le date corrette, il risultato è lo stesso: da almeno mezzo secolo il metano che proviene da sottoterra brucia e viene trasformato in CO2, che finisce poi in atmosfera.
Come si spegne? Ecco perché Berdymukhamedov ha annunciato di voler spegnere definitivamente l'incendio, spiegando che causa problemi di salute alle popolazioni locali, oltre a essere uno spreco di prezioso gas. Il problema è che il presidente del Turkmenistan non ha annunciato un piano d'azione, ma si è limitato a invitare "gli esperti" a trovare un modo per soffocare le fiamme. L'aveva già fatto nel 2010, con scarso successo, e anche nei decenni precedenti ogni tentativo di chiudere la Porta dell'inferno è andato a vuoto. La soluzione più semplice sembrerebbe essere quella di riempire il cratere, seppellendolo sotto tonnellate di sabbia; ma, come spiega Kouronis, «c'è sempre la possibilità che il gas trovi altre strade, altri modi per arrivare in superficie, e a quel punto basterebbe una scintilla per creare un nuovo incendio».