Un tuffo dove l'acqua è più blu... o almeno si spera. Nessuno meglio di un cliff diver può avere a cuore il problema dell'inquinamento da plastica dei mari. Le evoluzioni artistiche e sportive di questi atleti iniziano sulle scogliere e finiscono negli oceani, dopo oltre 20 metri di caduta libera, e sono incorniciate dai paesaggi marini più suggestivi del mondo: scorci da cartolina un tempo incontaminati, oggi invasi da maree di rifiuti galleggianti.
Dalle parole ai fatti. Proprio una giovane tuffatrice, la 23enne statunitense Eleanor Townsend Smart, ha lanciato un The Clean Cliffs Project, un progetto che abbina alla bellezza dei tuffi estremi quella di mari più puliti: abbiamo incontrato Eleanor "Ellie" a Dublino in occasione della seconda tappa della Red Bull Cliff Diving World Series, l'11 e 12 maggio 2018, dove si è esibita.
«Vengo da Kansas City, al centro degli USA - racconta - non sono cresciuta vicino all'oceano e non avevo una forte percezione del fenomeno dell'inquinamento da plastica, ma quando ho deciso di continuare la mia carriera come tuffatrice professionista volevo farlo per uno scopo più nobile che per me stessa. Viaggiando, ho cominciato a vedere ovunque luoghi sommersi dalla plastica. Ancora nessuno nella nostra comunità si stava occupando di questo, così ho deciso che sarebbe stato il mio compito.»
Ellie Smart è un'atleta capace di eseguire avvitamenti e salti mortali nell'aria, sfidando le raffiche di vento del Nord Atlantico, e sopportare l'impatto del corpo con un "muro" d'acqua a 11 °C di temperatura. Ma è anche una super attivista, e abbiamo approfittato della sua esperienza per chiederle alcuni consigli pratici per ridurre l'utilizzo di plastica: ecco che cosa ci ha detto (l'articolo prosegue sotto il video).
Pulizie tra un tuffo e l'altro. Fondato insieme al collega tuffatore Owen Weymouth, il Clean Cliffs Project, attivo in quattro continenti, prevede campagne di sensibilizzazione in collaborazione con enti locali e no-profit come Plastic Oceans per proteggere scogliere, mari e animali dai rifiuti di plastica abbandonati in acqua e sulle spiagge. Da quest'anno l'iniziativa, che vanta decine di "ambasciatori" in tutto il mondo, viaggia assieme alla Red Bull Cliff Diving World Series, che il prossimo 2 giugno arriverà a Polignano a mare (Bari), la tappa più amata dai tuffatori.
«Quando arriviamo in una località - continua Ellie - facciamo sempre un'operazione di pulizia come ringraziamento per averci dato la possibilità di godere delle scogliere da cui ci tuffiamo: è un modo per ridare indietro qualcosa alle splendide località che ci ospitano.
Una volta a casa lavoriamo molto con le scuole e con i progetti governativi, perché crediamo fermamente nell'ispirare le giovani generazioni. Mostriamo loro che ripulire i mari dalla plastica e ridurre l'utilizzo di questo materiale è bello. Questo è il nostro obiettivo.»
Il progetto abbina a campagne di high diving e raccolta rifiuti "sul posto" una capillare opera di diffusione del messaggio sui social media, con workshop pratici e "challenge" su Instagram (per esempio dire no alle cannucce di plastica, testimoniandolo con foto e hashtag). L'intento è di creare una community di attivisti per l'ambiente, accomunati dalla passione per la tutela della natura - e per i tuffi.
Piattaforme che fondono. Non è la prima volta che il mondo del Cliff Diving sposa la causa ambientale. Nel 2018 il 44enne colombiano Orlando Duque, un veterano di questo sport, 13 volte campione mondiale, ha raggiunto con una spedizione scientifica le gelide acque dell'Antartide e si è tuffato per tre volte da un iceberg di 20 metri, con una tuta in neoprene spessa 7 mm a proteggerlo da acque di meno di 1 °C di temperatura. Lo ha fatto per sensibilizzare l'opinione pubblica sulle conseguenze dei cambiamenti climatici: «Per preservare posti come questo - ha detto - dobbiamo ridurre il nostro utilizzo di plastica e combustibili fossili».