Milano, 30 mar. - (AdnKronos) - Il trasporto pubblico urbano ed extra-urbano nazionale necessita di almeno 40 miliardi di euro di investimenti per colmare il gap infrastrutturale che ci separa dagli altri Paesi europei, rinnovando reti metropolitane e tranviarie, potenziando il parco mezzi su gomma e su materiale rotabile e abbassando l’età media dei mezzi (in Italia 11,6 anni rispetto ai 7 anni del resto d’Europa). E' quanto emerge dall’analisi condotta a livello mondiale dalla società globale di consulenza aziendale AlixPartners dal titolo “Nutrire la mobilità del futuro”, i cui risultati sono stati illustrati oggi da Giacomo Mori, Managing Director di AlixPartners in Italia, nel corso della manifestazione #ForumAutoMotive, promossa a Milano con l’obiettivo di dare una forte scossa ai protagonisti della mobilità a motore.
Secondo lo studio, per colmare il divario che ci separa dagli standard europei di mobilità, in particolare sono necessari 20 miliardi di investimenti per lo sviluppo di infrastrutture, 9,5 miliardi per l’adeguamento del parco mezzi e 10 per abilitare una mobilità urbana più sostenibile tramite il sostegno pubblico al rinnovo del parco con veicoli elettrici e reti di ricarica, lo sviluppo di car/bike sharing e car pooling e le nuove tecnologie per la smart mobility. In aggiunta a questi stanziamenti, si stima un costo annuale del settore del trasporto pubblico pari a circa 6,4 miliardi di euro.
La ricerca evidenzia come la stimata crescita della popolazione mondiale (+35% dal 2010 al 2050 – da 7 a 9 miliardi complessivi) e la maggiore concentrazione nelle aree urbane (52% nel 2010 contro il 67% previsto per il 2050) renderà la mobilità urbana un tema sempre più strategico per gli spostamenti di persone e beni con criteri di efficienza e sostenibilità.
Già oggi il 64% del totale dei chilometri percorsi avviene in ambito urbano e questa percentuale è destinata a crescere clamorosamente nei prossimi 20 anni. Nonostante il progresso tecnologico, negli ultimi 20 anni la velocità di trasferimento dei pendolari è diminuita e le ore perse nel traffico sono quasi raddoppiate con evidente impatto sulla sostenibilità e sulla qualità di vita dei cittadini: oggi sono 62 l’anno e toccheranno quota 68 nel 2020, fino alle 106 previste per il 2050.
Nonostante negli Usa l’occupazione stia aumentando, il numero di chilometri percorsi è in calo per una generale tendenza a guidare meno a causa di diversi fenomeni: elevati costi del carburante e di gestione del bene auto, crescita del telelavoro (negli Usa quasi il 10% dei lavoratori opera anche da casa) e minore propensione dei neo maggiorenni a prendere la patente (nel 2000 erano l’89%, nel 2012 l’83%).
Senza dimenticare che le minori disponibilità economiche incidono fortemente sulla scelta di acquisto di un’auto nuova. In Italia il 34% dei giovani (età compresa tra 18-29 anni) indica che un contratto di lavoro stabile potrebbe indurre all’acquisto di una vettura.
Proprio l’attuale ritardo nel raggiungimento della stabilità lavorativa e nel concepimento di figli, costituisce fattore che contribuisce a ridurre l’appeal del bene auto nella cosiddetta generazione “N”, ovvero Neutral about Driving. Per il 43% dei giovani italiani il fattore economico risulta decisivo per le scelte di mobilità, mentre il 42% preferirebbe investire una vincita di 30.000 € in risparmio anziché spenderla.
L’interesse di questa fascia di popolazione si concentra principalmente su prodotti di elettronica di consumo (smartphone su tutto) e il tempo dedicato al social networking e la diffusione di tecnologie video come Skype riducono le necessità di spostamento. A causa di problematiche come traffico, difficoltà di trovare parcheggio e costi di mantenimento del mezzo e con l’efficace concorrenza di altre modalità di trasporto per medie-lunghe distanze (treno alta velocità/voli low cost), l’auto oggi non viene più percepita come sinonimo di libertà.
Lo scorso anno è stato l’anno della consacrazione per il mercato mondiale del car sharing, che ha raggiunto quasi i 5 milioni di utenti (+39% sul 2006) con circa 100.000 veicoli condivisi (+30% rispetto al 2006) e uno sviluppo che ha bruciato anche le più rosee previsioni. E siamo solo all’inizio: le stime attuali prevedono che nel 2020 tra Europa e Nord America saranno circa 12 milioni i cittadini che si rivolgeranno al car sharing per le proprie esigenze di mobilità con evidente impatto positivo sugli scenari della mobilità urbana: ogni auto di car sharing sostituisce 15-30 vetture in circolazione (minor inquinamento) o parcheggiata (minori costi di gestione e maggiore spazio disponibile).
In Francia, il successo della formula con veicoli elettrici ha portato alla riduzione del parco auto di 22.500 veicoli equivalenti a164 milioni di km percorsi in un anno. In Italia il boom vero e proprio dell’auto condivisa si è registrato nel 2013 (+330% sul 2012 con 130.000 iscritti e 1.800 vetture) e il trend di crescita si è confermato anche nel 2014 (+70% rispetto al 2013), con il servizio presente ormai in 11 città italiane con 220.000 utenti e 3.000 auto complessive.
Milano si conferma “regina” di questo particolare mercato, con quasi l’80%. Di pari passo con la condivisione si sta rapidamente ampliando il mercato delle connected cars per le quali lo studio prevede nei prossimi anni quasi un raddoppio nel valore, guidato da soluzioni di connettività mobile per fornire servizi di infotainment, sicurezza e informazione/navigazione