In ogni millilitro dell'acqua di fusione dei ghiacciai e della calotta glaciale della Groenlandia proliferano decine di migliaia di microrganismi, in buona parte batteri, che sono pronti a riversarsi in fiumi, laghi, fiordi e mari arricchendo - e in alcuni casi contaminando - i nuovi habitat.
Uno studio guidato dalle Università di Aberystwyth (Regno Unito) e dall'University Centre delle Svalbard mette in guardia dal rischio che queste enormi quantità di batteri potrebbero comportare spostandosi, mentre i ghiacciai che li hanno ospitati finora si disfano sotto i nostri occhi. Alcuni di questi organismi hanno la potenzialità di fertilizzare gli ecosistemi o di essere usati per ricavare molecole interessanti per l'uomo. Ma tra questi potrebbero nascondersi anche patogeni da monitorare con attenzione.
Ecosistemi in movimento. «Siamo soliti pensare ai ghiacciai come a enormi riserve di acqua ghiacciata, ma la lezione che si può trarre da questa ricerca è che anch'essi sono ecosistemi a pieno titolo» spiega Arwyn Edwards, tra gli autori. L'analisi che è stata pubblicata su Nature Communications Earth & Environment, è la prima a quantificare il numero di batteri presenti sulla superficie e all'interno dei ghiacciai terrestri. Edwards e colleghi hanno studiato l'acqua di fusione di otto ghiacciai di Europa e Nord America e di due siti della calotta di ghiaccio della Groenlandia.
Vista la concentrazione di microrganismi nei campioni, nei prossimi 80 anni - stimano - oltre 100 mila tonnellate di batteri potrebbero riversarsi nell'ambiente. «Il numero dipende molto da quanto rapidamente si scioglieranno i ghiacciai e quindi da quanto continueremo a riscaldare il Pianeta» aggiunge lo scienziato. Questa quantità è stata calcolata considerando uno scenario di riscaldamento moderato, ossia un incremento delle temperature medie globali di 2-3 °C entro il 2100.
Il nostro contributo. Secondo i ricercatori, i batteri e le alghe nelle acque di fusione dei ghiacciai consegnerebbero ai corsi d'acqua una media di 650.000 tonnellate di carbonio nei prossimi 80 anni, e questo soltanto nell'emisfero nord, ed escludendo la regione himalayana che non è stata presa in considerazione nello studio. Se invece tagliassimo le emissioni di CO2 e dunque rallentassimo questa inesorabile fusione, anche la massa di microrganismi tornati liberi diminuirebbe di circa un terzo.
Impatto da valutare. Tra i batteri tornati in libertà potrebbero essercene alcuni utili per produrre nuovi composti farmacologici, come nuovi antibiotici; ma esiste un rischio seppure contenuto che alcuni risultino pericolosi per l'uomo. Il punto è che in qualche caso andrebbero a finire in ecosistemi molto sensibili e con equilibri fragili.
Senza contare che miliardi di persone basano la propria sussitenza e le proprie attività economiche sull'acqua proveniente dai ghiacciai di montagna, per cui sarebbe meglio conoscere la loro composizione chimica.