La Commissione Europea ha appena diffuso un pacchetto di proposte per provare a concretizzare l'ambizioso Green Deal, il piano per fare dell'Europa il primo continente a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. La fase iniziale prevede una riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990), e le nuove misure dovrebbero spiegare come ci riusciremo. L'enfasi con la quale è stata consegnata e ripresa la notizia si addice poco a quella che, per il momento, non è che una lista di buoni propositi su carta, che saranno oggetto di lunghi negoziati e ritocchi probabilmente al ribasso tra i 27 Paesi membri dell'Europa e il Parlamento Europeo. Ma vale comunque la pena capire meglio di che cosa si discute. In particolare vedremo:
- Che cos'è e come funziona il mercato delle emissioni
- Le principali misure proposte, in particolare in merito ai trasporti e alla tassazione delle emissioni per i prodotti importati
- Le criticità interne ed esterne alla UE che emergeranno in fase di discussione
A che punto ci troviamo. Negli ultimi 20 anni l'Unione Europea ha ridotto le sue emissioni complessive di gas serra del 24%, grazie soprattutto a una specie di mercato delle emissioni noto come Sistema per lo scambio delle quote di emissione dell'Unione Europea (Emission Trading System, ETS). Questo sistema si basa sul principio del "cap and trade" (limita e scambia).
Viene fissato un tetto comunitario alle emissioni totali di gas serra in diversi settori, mentre alle aziende viene assegnato un numero fisso di quote, ognuna delle quali permette l'emissione di una tonnellata di CO2 in un anno solare. Le quote sono cedibili: le aziende che hanno emesso di meno possono vendere le proprie ad altre meno virtuose, o, se hanno inquinato di più, acquistarne da altre che ne hanno in eccesso. L'importante è non sforare il tetto, per non incorrere in pesanti sanzioni.
Si è fatto poco. L'obiettivo di un taglio di almeno il 55% delle emissioni fissato nel Green Deal dall'Europa, terza economia mondiale, è stato però giudicato insufficiente e poco ambizioso da varie organizzazioni ambientaliste, come la no-profit Carbon Action Tracker: per onorare gli impegni degli Accordi di Parigi bisognerebbe ridurre le emissioni del 65% nei prossimi 9 anni.
Finora i tagli ai gas inquinanti sono avvenuti soprattutto nel settore dell'energia, mentre le emissioni di auto, aerei e navi, che rappresentano un quarto dei gas serra prodotti in Europa, sono in aumento.
Ferme al palo sono anche le emissioni legate al riscaldamento domestico, in buona parte derivanti ancora dai combustibili fossili. Questi inquinanti costituiscono un terzo delle emissioni UE.
Inquinare costa. ma chi paga? Il nuovo piano prevede di rafforzare il mercato delle emissioni esistente, abbassando il tetto massimo di gas serra consentito, aumentando la velocità con cui questo limite viene progressivamente abbassato, ed estendendolo anche a settori non ancora coinvolti, con particolare attenzione a quello dei trasporti. L'idea di base è che le emissioni di CO2 debbano avere un costo che disincentivi il ricorso ai combustibili fossili. Qui di seguito alcuni punti più specifici del pacchetto di proposte (che potete trovare a questo link nella versione originale).
- Le emissioni del settore navale saranno incluse per la prima volta nel sistema ETS (e quindi soggette a un tetto massimo e scambiabili); le compagnie aeree dovranno rinunciare al permesso di inquinare "gratis" e dovranno allinearsi al Carbon Offsetting and Reduction Scheme for International Aviation (CORSIA), un piano già in uso finora su base volontaria per ridurre l'impatto ambientale del settore dell'aviazione. Un nuovo meccanismo di scambio di quote di emissioni sarà previsto per il sistema dei trasporti su strada e per il riscaldamento domestico. Dovrà essere aumentata la disponibilità di carburanti a bassa emissione o sostenibiline gli aeroporti e nei porti, e sarà fissato un limite massimo alle emissioni di gas serra delle navi nei porti europei.
- Gli Stati membri dovranno tutelare ed espandere i serbatoi di carbonio naturale, come le foreste, per arrivare all'obiettivo di 310 milioni di tonnellate di CO2 assorbite entro il 2030. Per il 2035 si auspica la neutralità climatica nell'uso del suolo e nei settori agricolo e forestale (un obiettivo francamente irrealistico: sono incluse nel conto le emissioni agricole diverse dalla CO2, come quelle derivanti dai fertilizzanti e dagli allevamenti animali). Occorrerà migliorare qualità, quantità e resilienza delle foreste europee, supportare le attività economiche sostenibili ad esse legate e la tutela della biodiversità; e poi, crearne di nuove, con tre miliardi di nuovi alberi piantati entro il 2030.
- Entro il 2030 dovrà essere prodotto da fonti rinnovabili il 40% dell'energia: in particolare si spingerà per l'utilizzo di energia rinnovabile nei trasporti, nel settore del riscaldamento e raffrescamento domestico e in ambito industriale.
- Saranno fissati obiettivi di riduzione della CO2 più ambiziosi per l'edilizia, e nel settore pubblico si dovrà rinnovare ogni anno il 3% degli edifici per creare nuovi posti di lavoro, modernizzare gli edifici e abbattere i costi energetici in bolletta.
- Sono previsti standard più rigidi per le emissioni di CO2 dei mezzi su ruote; quelle delle nuove auto dovranno essere abbattute del 55% dal 2030 e del 100% dal 2035, rispetto ai livelli attuali. In pratica ogni nuova auto registrata dal 2035 sarà a emissioni zero. Sarà potenziata la rete di stazioni per la ricarica delle auto elettriche, che dovrebbero essere disposte a intervalli regolari su autostrade e superstrade (ogni 60 km per le elettriche, ogni 150 per le auto a idrogeno).
- Anche il sistema di tassazione dell'energia dovrà promuovere le tecnologie verdi con tariffe agevolate e rimuovere alcune delle vecchie esenzioni esistenti per fonti inquinanti.
- Una delle misure destinate a far più discutere: sarà messo a punto un meccanismo di tassazione del carbonio su una serie di prodotti importati, per assicurarsi che la riduzione di emissioni in Europa non si traduca in una produzione intensiva di emissione in altri Paesi che, con essa, commerciano.
I punti critici. Le discussioni sul pacchetto di misure, che nei prossimi giorni sarà diffuso con l'intero corollario di dettagli, si preannunciano infuocate. A pesare in primo luogo saranno le disuguaglianze economiche tra i Paesi membri, con l'Europa divisa tra i più ricchi Stati nordici e occidentali, dove le vendite di veicoli elettrici sono in crescita, e i più poveri Stati orientali le cui economie sono ancora strettamente legate al carbone.
Si dovrà fare i conti con le resistenze di alcuni settori industriali, a partire da quello automobilistico, da sempre contrari all'idea di pagare per la CO2 emessa. C'è chi ha sollevato timori che i costi per svecchiare le fonti di riscaldamento domestico ricadano interamente sulle famiglie che già faticano a pagare energia e trasporti, una platea che si stima di 34 milioni di persone in Europa, in un periodo già segnato, in termini economici, dalla pandemia.
Senza paletti precisi per l'eliminazione graduale dei combustibili fossili, il rischio è che i costi per le emissioni vengano semplicemente trasferiti sui cittadini e che i settori industriali responsabili "se ne lavino le mani". Un'altra critica riguarda l'esclusione dell'industria pesante e dell'agricoltura, tra i settori che generano più emissioni in assoluto, dall'obbligo di contribuire alla neutralità climatica usando i meccanismi di scambio delle emissioni.
Competizione serrata. Inoltre, l'idea della prima tariffa al mondo sul carbonio in entrata, che riguarderà l'importazione di merci prodotte all'estero con alte emissioni di CO2 come acciaio, cemento, ferro e fertilizzanti, ha già suscitato nervosismo nei partner commerciali dell'Unione, come Russia e Cina. Di fatto, è una misura protezionistica che tutelerebbe le aziende europee da merci prodotte in Paesi con standard ambientali meno stringenti.
L'UE spera con questa proposta di mettere pressione sugli altri grandi emettitori (USA e Cina soprattutto) e alzare l'asticella delle misure sul clima in vertice della Conferenza delle Parti di Glasgow (COP26) fissata per novembre. La chiave di tutto sarà la velocità di approvazione delle nuove misure: il più veloce a trarre vantaggio economico dalla rivoluzione verde sarà anche il primo a trarne profitto.
L'unica parola che mette tutti d'accordo.