Ecologia

Sullo smembramento del Parco dello Stelvio decisione rimandata a gennaio

Per Legambiente rappresenterebbe una scelta antistorica che rischia di sancire la fine dell'attributo "nazionale" per l'area protetta. La soluzione? Una Fondazione per il parco che attivi progetti di partenariato tra i comuni dei tre versanti

Roma, 12 dic. - (AdnKronos) - Rinviata a gennaio la decisione della Commissione 'dei dodici' (la commissione paritetica di governo e autonomie speciali di Trento e Bolzano) sul provvedimento che avrebbe dovuto sancire lo smembramento del Parco dello Stelvio e, conseguentemente, la fine dell'attributo 'nazionale' dell'area protetta.

Per le associazioni, non c'è nulla di cui rallegrarsi: il rinvio infatti "significa solo, per ora, il prolungamento dell'agonia per un parco che da quattro anni è in balia degli eventi, privo di un organo di governo, di un piano, di una programmazione", commenta Legambiente.

"Una situazione grave e un inaccettabile spreco di risorse - dichiara Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente - frutto di comportamenti irresponsabili di tutte le istituzioni coinvolte, dalla Regione Lombardia alle Province Autonome, fino ai governi e alle maggioranze politiche nazionali timorose di inimicarsi i voti del drappello autonomista dell'Alto Adige-Suedtirol".

"La decisione sullo smembramento è antistorica – continua Cogliati Dezza – e si pone in rotta di collisione sia con la Convenzione delle Alpi che con lo sviluppo della Strategia Macroregionale Alpina, e condanna alla marginalità le comunità che vivono all'interno e ai confini della più grande area protetta delle Alpi Centrali”.

Le province autonome di Trento e Bolzano hanno messo a disposizione, come contropartita allo smembramento, i trasferimenti economici legati al riequilibrio con i territori confinanti. “Pensiamo – continua Cogliati Dezza - ci sia un modo migliore per usare queste risorse, ad esempio per alimentare una Fondazione per il parco nazionale, che abbia come unico scopo quello di attivare progetti di partenariato territoriale tra i comuni di tutti e tre i versanti del parco".

In questo modo, si libererebbe l’Ente parco, che rimarrebbe nel solco delle norme della legge 394/91, da tutto ciò che gli ha impedito di occuparsi della conservazione della biodiversità gestendo in maniera unitaria la più grande area protetta alpina. "Solo in questo modo - conclude il presidente di Legambiente - si potrà superare il grande scoglio che ha impedito al parco di decollare negli 80 anni dalla sua istituzione, ovvero la mancanza di un progetto unitario di conservazione e sviluppo, capace di superare i confini geografici e amministrativi delle quattro province coinvolte".

12 dicembre 2014 ADNKronos
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