Roma, 15 gen. - (AdnKronos) - Riparte la campagna di Pro.Mo (gruppo di Unionplast di produttori di stoviglie monouso in plastica) che mette a confronto le stoviglie monouso rappresentativi della plastica tradizionale e delle compostabili (polipropilene e polistirene da un lato vs acido polilattico e polpa di cellulosa dall’altro). In particolare, secondo la ricerca commissionata da Pro.Mo, che prende in considerazione l'intero ciclo di vita del prodotto e non soltanto la fase finale di smaltimento, le stoviglie monouso in plastica hanno un impatto ambientale migliore rispetto a quello delle compostabili in acido polilattico (Pla) e polpa di cellulosa.
La ricerca non è nuova e ha fatto già parlare di sé, arrivando, con un esposto presentato da Assobioplastiche, sul tavolo dell'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria che ha ordinato la cessazione della campagna pubblicitaria associata. Nel luglio 2015, infatti, Pro.Mo ha diffuso su alcune testate nazionali, ma anche su alcune riviste online specializzate, la campagna pubblicitaria 'I soliti sospetti' fondata sulla comparazione del ciclo di vita delle stoviglie in plastica tradizionale rispetto a quello delle stoviglie compostabili. Il tutto poi diffuso anche attraverso comunicati stampa del gruppo.
A dicembre 2015, la pronuncia del Giurì che ha bocciato la pubblicità curata da Caleidos Teenagency per Pro.mo. In primo luogo, secondo il Giurì, “la pubblicità non chiarisce che il bilancio del diverso impatto ambientale dei vari prodotti esaminati è stato effettuato tenendo conto dell'intero ciclo di vita dei diversi materiali, e non solo del loro tratto terminale (cosiddetto fine vita)”.
Inoltre, si legge nella motivazione, “la pubblicità si pone in termini eccessivamente perentori rispetto ad un dibattito scientifico oggi non ancora definito, e, per altro verso, manifesta una forte ambiguità per omissione, in quanto procede da una analisi tecnica condotta solo su alcuni materiali, e non su altri”.
La valutazione ambientale di prodotti diversi, infatti, secondo il Giurì dell’Autodisciplina pubblicitaria, “appare oggi particolarmente delicata” perché dipende da vari fattori “quali la varietà della platea dei materiali, il differente comportamento di materiali diversi nelle varie fasi del ciclo di vita, le difficoltà a reperire dati adeguati e addirittura l'assenza di dati in ordine ad alcuni materiali, le differenti abitudini dei consumatori, la stessa novità di indagini sull'intero ciclo di vita dei prodotti”.
Inoltre, nella seconda parte del messaggio pubblicitario, disorienta e, quindi, è "capace di creare inganno", anche "l'accostamento di due comunicazioni riferite all'esame di materiali e di rispettive proprietà nettamente diversi. La prima parte del messaggio, infatti, afferma un minor impatto ambientale delle 'stoviglie' in plastica tradizionale rispetto a 'quello delle' stoviglie in plastica compostabile.
La seconda parte del messaggio, di contro, riferisce gli esiti di un'indagine sulla maggior sicurezza igienica di prodotto identificati come 'stoviglie e contenitori per alimenti'”.
In particolare, “il messaggio non precisa di quale materiale siano i prodotti di cui si celebra la superiorità, ed il lettore tende a pensare che si tratti di prodotti in plastica tradizionale, cioè degli stessi prodotti di cui la prima parte del messaggio ha comunicato i pregi sotto il profilo del minor impatto ambientale. Neppure i prodotti dei quali si afferma la minor sicurezza igienica sono identificati”.
Insomma, dopo la sentenza Pro.Mo ha aggiustato il tiro della comunicazione, in particolare specificando meglio che la ricerca fa riferimento all'intero ciclo di vita del prodotto e che i materiali compostabili presi in considerazione sono quelli in acido polilattico (Pla) e polpa di cellulosa. Resta, però in piedi, la riflessione fatta dal Giurì sulla difficoltà di valutare l'impatto ambientale di prodotti diversi, anche dello stesso comparto (plastiche).