Bastano piccole quantità di ferro nel silicio per far crollare l'efficienza di una cella fotovoltaica. Che fare? Ci ha pensato il MIT sviluppando un apposito software in grado di prevedere la quantità e la posizione delle impurità per produrre pannelli solari migliori.
“Basta lo 0,0001% di ferro per compromettere il silicio di una cella fotovoltaica”
Sole sprecato - L'energia fotovoltaica è uno dei pilastri sui quali molte nazioni stanno tentando di costruire il proprio futuro energetico. Ma attualmente l'efficienza delle celle al silicio è molto bassa: circa il 13%. Il restante 87% dell'energia solare che colpisce un pannello fotovoltaico non viene trasformato in energia elettrica. Ogni piccolo guadagno in efficienza, quindi, è importantissimo.
Maledetto ferro - Ad abbassare l'efficienza delle celle fotovoltaiche sono soprattutto le impurità nel silicio con sui sono realizzate. È soprattutto il ferro a sporcarle e rovinarle, anche in quantità bassissime. Anche se il silicio utilizzato è purificato al 99,9999%, la minuscola percentuale di ferro ancora presente ostacola il passaggio degli elettroni e quindi la produzione di energia elettrica.
Ci pensa il MIT - Il Massachusetts Institute of Technology (MIT) - già noto per le sue ricerche sul fotovoltaico - ha cercato e trovato una prima soluzione a questo problema sviluppando il software Impurity-to-Efficiency Simulator (I2E). Basta, infatti, inserire i dati nel simulatore per calcolare la qualità del silicio e la quantità e posizione delle impurità. Informazioni che, a loro volta, permettono di calcolare l'efficienza di una cella fotovoltaica ancora prima di produrla. Che, tradotto in pratica, significa sapere subito se è possibile migliorare il processo produttivo per evitare sprechi di efficienza.
A volte non serve - Ci sono casi, però, in cui un software del genere sembra non servire. È il caso delle celle fotovoltaiche ad altissima concentrazione (HCPV) in grado di raggiungere livelli di efficienza doppi rispetto a quelle normali. Un miglioramento possibile grazie alle lenti che coprono le celle e che concentrano tutta la luce solare sul silicio. Anche quella diffusa, non diretta, che di solito non è facile da trasformare in energia elettrica. L'ultima creatura di questo tipo è la cella HCPV di Semprius, un'azienda società statunitense partecipata dal colosso tedesco Siemens. Una cella fotovoltaica in grado di raggiungere il 33,9% di efficienza. Questo è il futuro.
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