Una sostanza battericida, la Plantacyclin B21AG, contenuta nel Nem Chua, uno snack a base di carne di maiale cruda, tipico del Vietnam, pare sia un'alternativa naturale ai conservanti artificiali utilizzati per conservare il cibo più a lungo: è quanto emerge da uno studio condotto dalla RMIT University (Australia), pubblicato su Process Biochemistry. «Questa componente del Nem Chua è incolore, inodore, insapore e molto resistente», afferma Oliver Jones, uno degli autori.
Antibatterici naturali. Le batteriocine, il gruppo di sostanze a cui appartiene il Plantacyclin B21AG, sono prodotte dai batteri stessi per distruggere i batteri di altri ceppi. La maggior parte di queste sostanze, però, funziona solo contro uno o due tipi di batteri, e non è molto stabile: l'unica a essere autorizzata come conservante naturale è la nisina, che però è molto sensibile ai cambi di temperatura nell'ambiente e al pH.
Il Plantacyclin B21AG, invece, resiste fino a venti minuti a una temperatura di 90 °C, e rimane stabile se a contatto con pH acidi o basici: questa sostanza può inoltre distruggere una serie di microorganismi che si trovano nel cibo e causano malattie comuni, come il Listeria monocytogenes, che sopravvive al congelamento.
Un problema che va affrontato. Questa nuova scoperta cade proprio nei giorni che ricordano l'importanza dei vari aspetti della sicurezza alimentare, celebrata in tutto il mondo il 7 giugno: ogni anno lo spreco di cibo (gettato ancora commestibile o perché andato a male) costa ai Paesi industrializzati 680 miliardi di dollari, consuma circa un quarto di tutta l'acqua utilizzata nell'agricoltura ed è responsabile di circa il 6% (secondo alcune stime addirittura il 10%) delle emissioni di gas serra globali prodotte dall'umanità. Ma la deperibilità degli alimenti ha anche un risvolto sanitario: ogni anno milioni di persone contraggono malattie da cibo infetto, come la salmonella o la listeriosi, che possono essere mortali per alcune categorie di persone, come le donne incinte, gli anziani o gli immunodepressi. «Sviluppata ulteriormente, questa potrebbe essere una soluzione valida, sicura e naturale al problema dello spreco alimentare e delle infezioni di origine alimentare», conclude Jones.