In fondo è sempre questione di punti di vista: i cellulari vecchi sono soltanto rifiuti tecnologici che invadono il pianeta? Non è così per Topher White, ingegnere di 33 anni «innamorato della foresta pluviale del Borneo», in Indonesia, che utilizza appunto i vecchi telefonini per contrastare la deforestazione illegale, con un progetto articolato ma semplice ed economico, e che ha già dato buoni risultati.
Il problema. Può sembrare assurdo, ma il lavoro dei bracconieri di piante è avvantaggiato dalla voce naturale della foresta: gli uccelli, le cicale, i gibboni... «In effetti, proprio uno degli aspetti più affascinanti di questo luogo offre un "nascondiglio" ai bracconieri, perché la cacofonia della foresta copre il rumore di una motosega in azione anche da una distanza che a piedi si percorre in pochi minuti», e perciò i sorveglianti (solo tre guardie a tempo pieno!) non riescono a intervenire in tempo.

La soluzione. White ha ideato un sistema low-tech da fissare agli alberi, composto da piccoli pannelli solari disposti a fiore attorno a un telefonino. Il telefono, dotato di un software ad hoc, rileva i rumori circostanti, li filtra e, se "riconosce" una traccia compatibile con quella di una motosega, manda un allarme: una mail... «Questa è stata una vera sorpresa: scoprire che persino nel cuore della foresta pluviale del Borneo, la connessione è perfetta e tutti usano Facebook e internet!», commenta White. Messo alla prova, dopo pochi minuti dall'avvio uno di questi dispositivi - che possono tenere sotto controllo fino a 3 chilometri quadrati di foresta ognuno - ha permesso alle guardie di cogliere sul fatto un gruppo di bracconieri e di interromperli.
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