Ecologia

Siccità e altri guai: i rischi per l'area del Mediterraneo a causa del riscaldamento globale

Siccità, ma anche innalzamento del livello del mare e perdita di ecosistemi: ecco i rischi a cui va incontro l'area del Mediterraneo a causa del riscaldamento globale.

Lo scorso 28 febbraio l'IPCC (gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) ha pubblicato la seconda parte (su tre previste) del suo Sesto Rapporto di Valutazione (AR6), uno sterminato documento che raccoglie studi, modelli e previsioni su quelli che saranno gli impatti socio-economici del riscaldamento globale nei prossimi anni e sulle strategie da adottare - e da evitare - per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. Come avviene ormai da più di trent'anni, il Rapporto (pubblicato in versione integrale a questo indirizzo, insieme ad altre risorse complementari) è una lettura sconfortante, che dipinge un futuro tetro anche nell'ipotesi ottimistica che l'umanità riuscisse a contenere l'aumento delle temperature globali entro il fatidico limite di 1,5 °C, in ottemperanza agli ormai lontani accordi di Parigi (COP 21, Parigi 2015).

Preoccupante per tutti. AR6, però, è particolarmente preoccupante anche per chi non è "del campo", perché si concentra non tanto sui cambiamenti climatici in sé, ma sugli effetti che avranno sulla società; e ci dice che anche noi che viviamo in una regione ricca del pianeta, com'è l'area del Mediterraneo, dobbiamo prepararci al peggio, perché il nostro piccolo mare rischia di venire stravolto dall'aumento delle temperature.

Prima però facciamo chiarezza sulle sigle usate fin qui e su quelle che useremo più avanti. L'IPCC, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, è un gruppo di lavoro a carattere scientifico formato dall'ONU nel 1988, in particolare da due agenzie: l'OMM, Organizzazione meteorologica mondiale, e l'UNEP, il programma dell'ONU per l'ambiente. L'IPCC non svolge attività diretta di ricerca ma di compilazione e analisi della letteratura scientifica prodotta in tutto il mondo; e, a intervalli più o meno regolari, pubblica un rapporto che raccoglie tutte queste informazioni e le struttura sotto forma di analisi comparata e multidisciplinare, metodo che permette di avere una visione globale di quelle che sono le cause e le conseguenze dei cambiamenti climatici.

Gruppi e rapporti. L'IPCC è divisa in tre gruppi di lavoro (work group: WG): il primo, WGI, si occupa della scienza dura e pura; il secondo, WGII (quello che ha appena pubblicato il rapporto), degli impatti dei cambiamenti climatici sulla natura e sulla società; il terzo (WGIII) studia come mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. I tre gruppi pubblicano i loro rapporti a poche settimane di distanza l'uno dall'altro, per poi pubblicare un rapporto finale di sintesi: finora ne sono usciti cinque, nel 1990, 1995, 2001, 2007 e 2013.

AR6, come suggerisce la sigla, è il sesto rapporto: la prima parte è stata pubblicata ad agosto 2021, la seconda da pochi giorni e la terza uscirà entro la fine di marzo; la sintesi è attesa per settembre 2022.

Cosa dice AR6 su di noi. Come tutti i rapporti pubblicati dall'IPCC, AR6 è un documento immenso, che, per la prima volta, integra anche questioni di geopolitica nei suoi modelli climatici, nella convinzione che la cooperazione e gli equilibri internazionali siano fondamentali per mitigare efficacemente gli effetti del riscaldamento globale. Nelle sue quasi 3.700 pagine ci sono informazioni, consigli e ammonimenti validi per tutto il mondo, ma ci sono anche, per noi che viviamo in Europa e in particolare intorno al Mediterraneo, una serie di considerazioni più specifiche della nostra situazione, che dovrebbero farci preoccupare (e che magari, chissà, convinceranno anche gli scettici della necessità di agire rapidamente). Partiamo da quello che è lo status quo: i cambiamenti climatici stanno già colpendo il nostro mare, e in maniera evidente. In particolare:

  • la temperatura media della regione è già aumentata di quei famosi 1,5 °C rispetto ai livelli pre-industriali: il risultato è che stanno aumentando anche le ondate di calore e le temperature estreme;
  • i periodi di siccità sono più frequenti e intensi, in particolare nella porzione nord del Mediterraneo;
  • anche il livello del mare è aumentato di conseguenza: la crescita è di 1,4 mm all'anno nel XX secolo, che nel periodo tra il 1993 e il 2018 è accelerata a 2,8 mm l'anno; la crescita continuerà nei prossimi anni, anche nel caso in cui riuscissimo a fermare del tutto le nuove emissioni di gas serra;
  • infine, tutti questi fattori stanno portando a un aumento dell'acidità dell'acqua e a una serie di effetti a cascata sugli ecosistemi e sulla fauna ittica.

La folla mediterranea. Il problema è che la regione del Mediterraneo è particolarmente popolata. Questo significa, per esempio, che l'aumento del livello del mare colpirà molte persone, soprattutto quelle che vivono sulle coste - e queste ultime sono, tra l'altro, una risorsa economica importante, in quanto mete turistiche: nei prossimi anni risentiranno sia dell'aumento di caldo e siccità sia della probabile riduzione di voli e crociere (che sono particolarmente inquinanti), e in certi casi rischiano addirittura di scomparire, inghiottite dal Mediterraneo.

Il rapporto dell'IPCC spiega che alcune di queste situazioni si possono mitigare realizzando opere d'ingegneria ambientale, che però hanno spesso un impatto negativo sugli ecosistemi e anche sull'attrattività turistica di un'area; in più, si legge, "in molti Paesi del Mediterraneo la pianificazione non risulta prendere in considerazione la possibilità di marcati aumenti del livello del mare" (così scrive il climatologo Piero Lionello, dell'Università del Salento).

In mezzo alla miriade di segnali d'allarme che si trovano nel rapporto, però, ce n'è uno che spicca più di altri, e che rischia di causare danni incalcolabili: l'area del Mediterraneo verrà colpita sempre più di frequente da ondate di siccità.

Non piove, senti come non piove... A causa della sua particolare conformazione geografica, il Mediterraneo (come mare e come regione) si scalda più rapidamente della media del resto del pianeta. Questo fatto, unito alla diminuzione delle precipitazioni e al fatto che il caldo intenso aumenta l'evapotraspirazione (cioè la quantità di acqua che evapora dal suolo e dalle foglie delle piante, e passa nell'aria), porterà l'intera regione a diventare più arida. I numeri in questo senso sono impietosi: se la temperatura globale aumenterà del fatidico grado e mezzo, il 18% della popolazione mediterranea sperimenterà gli effetti della scarsità d'acqua, una percentuale che sale al 54% se i gradi di aumento dovessero essere 2.

Questo è un problema per l'ecosistema, ma anche per le nostre attività economiche: con la diminuzione delle precipitazioni e l'inaridimento del suolo, l'agricoltura avrà bisogno di sempre più risorse idriche, e molti terreni rischiano di inaridirsi in modo irreversibile; fenomeni di questo tipo colpiranno, secondo le stime più ottimistiche, circa 120 milioni di persone in tutta Europa, che salgono a 170 milioni nel caso in cui le temperature medie globali dovessero alzarsi di 3 °C. Senza contare gli effetti sugli ecosistemi naturali: il rapporto dell'IPCC si concentra soprattutto sugli effetti socioeconomici del riscaldamento globale, ma siccità prolungate, suolo arido e fenomeni climatici estremi (per esempio ondate di calore sempre più frequenti) hanno effetti anche su flora e fauna – ma per quello dovete consultare la prima parte del rapporto.

5 marzo 2022 Gabriele Ferrari
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