Un team internazionale di ricercatori, coordinato dalla Sezione di Biodiversità Tropicale del MUSE-Museo delle Scienze di Trento, ha scoperto in anni di lavoro 27 nuove specie di vertebrati (23 di essi sono rettili e anfibi) sulle montagne dell’Africa orientale. La studio della lunga esplorazione, pubblicato sulla rivista scientifica Diversity and Distributions, rivela la ricchezza faunistica delle foreste presente nel cosiddetto Arco Orientale, una lunga catena di monti che va dall’Etiopia alla Tanzania in cui la biodiversità è elevatissima. Per questo gli zoologi chiedono che l’area divenga patrimonio dell’umanità dell’Unesco.
Lunghe ricerche. Il gruppo di ricercatori conduce da più di dieci anni ricerche e progetti di conservazione ambientale nell’area grazie al supporto del Critical Ecosystem Partnership Fund, un fondo globale dedicato agli hotspot di biodiversità. Ha contribuito così a scoprire una grandissima mole di dati scientifici e in particolare faunistici, che dimostrano come le montagne (vere isole di natura in un mare di territorio colonizzato dall’uomo) siano importantissime per la studio dell’ecologia e dell’evoluzione, e la protezione delle specie. La pubblicazione, oltre a raccogliere le specie descritte, raggruppa per la prima volta quelle scoperte nella zona tanzaniana dai molti enti differenti che hanno collaborato. Questo ha fatto sì che la zona sia stata “rivalutata” dal punto di vista biologico, a tal punto da poter pensare ora di candidarla a patrimonio Unesco. Sono montagne molto antiche, nelle quali ci sono ancora condizioni di “foresta umida”; un ecosistema che sta scomparendo, ma che qui ha garantito la stabilità necessaria per una straordinaria diversificazione biologica.
Evoluzione ed ecologia. «L’età, la stabilità degli ambienti forestali e la storia evolutiva delle foreste dell’Arco Orientale hanno creato le condizioni ideali per una grande diversificazione di specie, che è stata particolarmente importante per gli anfibi e rettili e l’Arco Orientale della Tanzania è attualmente il luogo più importante a scala continentale per questi due gruppi di vertebrati», dice Michele Menegon, ricercatore della sezione di biodiversità tropicale al MUSE e autore di molte fotografie della fotogallery qui sotto.
Secondo Francesco Rovero, curatore della sezione di biodiversità tropicale del MUSE: «Lo studio indica quanto poco conosciamo aree già ritenute importanti e inserite nella lista dei 34 hotspot globali di biodiversità, e dimostra come ancora oggi basilari inventari delle specie presenti in un’area siano essenziali alla conoscenza del patrimonio biologico del pianeta. Il governo della Tanzania sta già prendendo in considerazione la candidatura dell’area nella lista dei siti naturali sotto il patrocinio dall’UNESCO.
Un museo nel futuro. Il Muse ha in atto da anni progetti di ricerca in Africa, e gestisce anche una stazione di ricerca e monitoraggio ecologico, assieme a progetti di cooperazione ed educazione ambientale.