C'è grande attesa per il lavoro di sintesi che i più importanti climatologi mondiali stanno concludendo, dopo tre anni di lavoro, ad Incheon, Corea del Sud: lunedì 8 ottobre sarà finalmente reso pubblico il Global Warming 1.5 °C, il Rapporto Speciale dell'IPCC (il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) che dovrà valutare se le temperature globali possano essere mantenute entro i + 1,5 °C dalla media preindustriale.
Il documento era stato commissionato all'indomani della Conferenza sul Clima di Parigi, che aveva auspicato il contenimento delle temperature globali "ben al di sotto dei + 2 °C", ma "con l'impegno a portare avanti sforzi per limitare la temperatura a + 1,5 °C". In quel mezzo grado, come abbiamo altre volte ricordato, c'è un'enorme differenza.
Uno scarto abissale. Intere nazioni insulari rischiano di scomparire inghiottite dai mari, se verrà sforata la soglia del +1,5 °C - limite che, in base alle prime indiscrezioni dal meeting riportate da BBC, potremmo raggiungere attorno al 2040. Mezzo grado in meno significherebbe 10 milioni di persone in meno senza terra per l'innalzamento dei mari, il 50% in meno di popolazione mondiale costretta a fare i conti con la scarsità d'acqua, e una riduzione della metà delle specie che perderanno metà del proprio areale di distribuzione.


Facciamo ancora in tempo? Per molti scienziati è comunque già troppo tardi per sperare di restare sotto a questo limite. Abbiamo già raggiunto un incremento delle temperature globali di 1 °C, e sommando le promesse di tagli alle emissioni formulate dai vari Paesi partecipanti alla COP21, arriveremmo comunque a un aumento di oltre 3 °C entro la fine del secolo.
Tuttavia, questa è forse una delle ultima buone occasioni per un monito nero su bianco. Nel 2023, data di pubblicazione del prossimo rapporto ordinario dell'IPCC, avremo infatti probabilmente già esaurito il carbon budget, cioè la quantità di emissioni serra che è possibile emettere, per rimanere entro la soglia dei +1,5 °C. Ora o mai più dunque, anche se un impegno concreto ad inizierebbe da cambiamenti radicali nello stile di vita (trasporti, produzione, consumi, alimentazione).
Che cosa leggeremo. Date le premesse, queste sono, secondo Climalteranti.it, le domande a cui ci si aspetta che il Rapporto risponda.
1. Che cosa vuol dire un mondo più caldo di 1,5 °C rispetto ai livelli pre-industriali? Già oggi si verificano eventi climatici estremi, ondate di calore, crisi alimentari. Quali conseguenze produrrà un mondo più caldo di quello attuale? Quali interventi potranno essere intrapresi per adattarsi, realisticamente (economia, tecnologia e politica permettendo)?
2. Quali saranno le conseguenze a lungo termine, se supereremo questa soglia (e quella dei + 2°C)? Come questo impatterà sull'aumento del livello dei mari, sulle comunità costiere e insulari, e sulla relativa popolazione?
4. Vale la pena porsi l'obiettivo ambizioso di +1,5 °C, rispetto al più blando "ben al di sotto dei +2 °C"? Ci sarebbero differenze apprezzabili, per esempio, nelle regioni caraibiche o nel Mediterraneo? Cambierebbero le cose, in tema di salute? Dati gli esiti degli accordi di Parigi, questa discussione è realmente utile?
5. Come dovrebbero essere rivisti gli impegni di ciascun Paese in vista della COP24 di Katowice (Polonia) a dicembre? Il rapporto potrebbe fornire una stima del taglio di emissioni necessario, che possa essere utilizzata come punto di partenza nei prossimi negoziati politici.








