Se la situazione climatica della Terra è sulla bocca di tutti (per confermare il pericolo-clima o per smentirlo con affermazioni irritanti e risibili) non altrettanto si può dire degli studi di sistemi ancora più complessi, gli ambienti terrestri, su cui si basa la sopravvivenza della nostra specie. Ma il discorso sull’intreccio delle dinamiche tra piante, animali e batteri - che costituisce un ecosistema e la sua biodiversità - tra di loro e altre specie che lo abitano, si guadagna adesso un nuovo livello di attenzione grazie a un amplissimo rapporto dell'IPBES, l'Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services.
L'IPBES è un'Agenzia intergovernativa indipendente, anche se istituita dall’Onu, che cerca di rafforzare il ruolo della scienza nelle politiche che riguardano l’ambiente.
Ha pubblicato diversi rapporti, anche su argomenti più circoscritti, come l’impollinazione, oppure i servizi degli ecosistemi - ossia ciò che la natura "fornisce" all'uomo per la sua sopravvivenza, calcolato anche come valore monetario - vedi, per alcuni esempi, la gallery il prezzo della natura (l'ambiente in dollari).
Crollo verticale. Il rapporto #IPBES7 è frutto di un lavoro collettivo di 145 esperti provenienti da 50 nazioni, che hanno lavorato per tre anni su oltre 15.000 lavori scientifici e calcolato, per esempio, che il tasso di estinzione e scomparsa delle popolazioni di specie è molto superiore al tasso naturale "di base", ed è comparabile a quello delle grandi cinque estinzioni del passato. Addirittura, alcuni ricercatori ritengono che la globalità e la velocità del fenomeno potrebbero fare classificare questi eventi come una sesta estinzione.
Almeno 680 specie di vertebrati sono stati spazzati via dalle attività umane dal 16esimo secolo a oggi. Su un totale di otto milioni di specie che si ritiene possano esistere sul pianeta (e probabilmente sono anche di più) almeno un milione è minacciato di estinzione, spesso nel giro di pochi decenni.
Più del 9% delle razze di animali usati in agricoltura sono scomparse, con almeno un altro migliaio di razze minacciate (per approfondire: biodiversità, allarme della FAO, le poche specie di cui ci nutriamo sono a rischio).
Piante e animali scompaiono. Al di là della effettiva scomparsa di alcuni gruppi particolarmente minacciati, come gli anfibi (vedi Anfibi a rischio di estinzione), il rapporto dell'IPBES afferma che l’abbondanza media delle specie nei diversi ambienti è diminuita almeno del 20%.
Ciò significa che, anche se non sono del tutto estinte, molte popolazioni di animali e vegetali hanno visto diminuire i loro numeri. Almeno il 33% dei coralli delle barriere coralline e più di un terzo dei mammiferi marini sono minacciati.
Anche se non è chiaro, per la difficoltà di studio, sembra che almeno il 10% degli insetti sia minacciato.
Le cinque piaghe. Le cause di tutto ciò sono tutte più o meno riconducibili alle attività umane, che il rapporto sintetizza in cinque principali scenari di estinzione o diminuzione delle specie: i cambiamenti nell'uso che facciamo di terraferma e mare; lo sfruttamento diretto degli organismi; il cambiamento climatico; l'inquinamento; le specie invasive.
1) Terraferma e mare: tre quarti degli ambienti terrestri e circa il 66% di quelli marini sono stati alterati in maniera significativa dalle attività umane (per approfondire, vedi anche Solo il 13 per cento degli oceani è incontaminato).
2) Terra, acqua e alimentazione: più di un terzo della superficie delle terre emerse e quasi il 75% dell’acqua dolce facilmente disponibile sono usati per l’allevamento e l’agricoltura (per approfondire, vedi anche Uno studio della Nasa: che cosa succede alle riserve di acqua della Terra).
3) Alimentazione, pesca: sulla base di dati del 2015, il 33% degli stock di pesci marini sono pescati a livelli insostenibili (per approfondire, vedi anche Quanta parte dei mari è interessata dalla pesca?).
4) Microplastiche e alimentazione: l’inquinamento da plastica nell'ambiente (non solo in mare) è aumentato di dieci volte dal 1980 (vedi anche questo studio del 2017: L'uomo ha prodotto 8,3 miliardi di tonnellate di plastica, finora).
5) Attività industriali, inquinamento: da 300 a 400 milioni di tonnellate tra metalli pesanti, solventi, fanghi tossici e altri scarti di lavorazione sono scaricati nelle acque ogni anno (sui "nastri trasportatori" della plastica, vedi anche questo studio del 2017: I grandi fiumi che portano la plastica in mare).
Che cosa fare, lo sappiamo... In tutti gli scenari di politica ambientale studiati nel rapporto, le tendenze al super-sfruttamento e all’estinzione continueranno fino al 2050 e oltre. Il lavoro dell'IPBES presenta comunque un ampio spettro di azioni utili a rallentare e mitigare le conseguenze di tutto ciò: al di là di quello che possiamo fare singolarmente, si tratta di azioni collettive, di scelte di politica economica e, in sostanza, di decisioni politiche.