Roma, 3 nov. (AdnKronos) - Hanno resistito meglio delle altre alla crisi, esportano di più, vincono sul fatturato, hanno migliori aspettative per il 2015, sono soprattutto di dimensione piccola-media (ma nell’agricoltura sono diffuse anche fra le grandi), sono guidate per lo più da ultraquarantenni e più delle altre sono al femminile. Questa l’istantanea scattata alle imprese italiane della green economy, quelle che producono beni di qualità ecologica e servizi ambientali (core green) e quelle che hanno adottato modelli di gestione green (go green) - il 42% delle imprese italiane - contenuta nella Relazione sullo stato della green economy, realizzata dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, presentata a Rimini nella giornata di apertura degli Stati Generali della Green Economy 2015.
La due giorni, arrivata quest’anno alla quarta edizione, che si svolge all’interno di Ecomondo-Key Energy-Cooperambiente, è organizzata dal Consiglio Nazionale della Green Economy, composto da 64 associazioni di imprese green, con il ministero dell’Ambiente e il ministero dello Sviluppo Economico e con il supporto della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.
"Gli Stati Generali - ha detto Gian Luca Galletti, ministro dell’Ambiente - sono il motore del futuro che c’è già, dell’economia sostenibile che sta trainando la ripresa italiana. La green economy sta contaminando virtuosamente il sistema produttivo. Siamo fra i primi in Europa per efficienza energetica, tra i primi produttori di energia da fonti rinnovabili e in questi giorni l’Onu ha certificato il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto per il nostro Paese. L’economia italiana si è rimessa in moto ma il carburante è finalmente verde".
"Dalla relazione presentata oggi - ha dichiarato Edo Ronchi del Consiglio Nazionale della Green Economy - emerge che le imprese green sono ormai una parte decisiva e qualificante dell’economia italiana. Non mancano tuttavia le difficoltà, come ad esempio nelle fonti rinnovabili. Dopo il crollo del 2014 della nuova potenza installata in Italia, il 2015, per il calo della produzione di energia idroelettrica e la bassa crescita delle altre rinnovabili, si prospetta, dopo anni di crescita ininterrotta, il primo anno di possibile calo della quota di produzione di elettricità da fonti rinnovabili e di aumento invece della produzione da fonti fossili".
"Nonostante le difficoltà - ha rimarcato - le imprese green restano la parte più dinamica del sistema produttivo italiano, le uniche in grado di qualificare, rendere consistente e duratura la ripresa anche economica del Paese". Lorenzo Cagnoni, presidente di Rimini Fiera, ha sottolineato che "con gli Stati Generali della Green Economy si avvia il calendario di incontri che in raccordo con l’area espositiva trasmette pienamente il valore dell’economia circolare come reale prospettiva di sostenibilità".
Più nel dettaglio, ecco alcuni spunti dalla Relazione sullo stato della green economy. Le imprese green sono il 42% sul totale delle imprese italiane (27,5% core green, 14,5% go green). Il maggior numero si trova nel settore dell’industria (440mila imprese e 4,2 milioni di occupati nel 2014), dove rappresentano il 61,2%, con oltre 248mila imprese (il 35,4% core green, il 25,8% go green).
A seguire il settore dell’edilizia (complessivamente più di 500mila imprese e 1,56 milioni di occupati nel 2014), in cui la crisi del mercato immobiliare, che ha messo in difficoltà l’edilizia tradizionale dedicata soprattutto a nuove costruzioni, ha spinto molte imprese a orientarsi verso lavori più green (le aziende a vocazione ambientale raggiungono il 51,4%). Anche nell’agricoltura (1,4 milioni di imprese e 907mila occupati nel 2014) la crisi ha portato significativi miglioramenti ambientali tanto che le aziende green sono il 56,1%.
Nel settore commercio e alberghiero (1,42 milioni di imprese e 5 milioni di occupati nel 2014), le imprese a indirizzo green, sommando le core green e le go green, raggiungono il 29,5%. Nel settore dei servizi (1,67 milioni di imprese e 6,3 milioni di occupati nel 2014), che comprende trasporti e logistica, servizi di informazione e comunicazione, servizi finanziari e assicurativi, attività immobiliari, noleggio, agenzie di viaggio, ecc... le imprese a indirizzo green cominciano ad avere una certa consistenza con un 25,2%.
Guardando il profilo dell’impresa e dell’imprenditore green, emerge che la forma societaria predominante è la Srl o la Spa, si scopre che l’imprenditore verde è in prevalenza maschio, anche se la presenza femminile è più consistente nelle imprese green (il 24% contro il 20,9% nelle imprese tradizionali) e a sorpresa risulta che il verde si addice di più agli imprenditori tra i 40 e i 59 anni e che c’è addirittura un boom di ultrasessantenni nelle imprese core green (44% del totale).
Le imprese green poi vincono sul fatturato: sono, infatti, più del 21% quelle che hanno visto aumentare il fatturato nel 2014 contro il 10,2% delle altre imprese. Anche sulle esportazioni è premiato il verde: le core green che esportano sono il 19,8%, le go green addirittura il 26,5% contro il 12% delle altre.
Osservando i vari settori della green economy, emerge che la crisi delle rinnovabili ha prodotto serie implicazioni occupazionali. Nel 2014 in Italia c’è stato, infatti, un crollo del 71% degli investimenti in rinnovabili provocato dal taglio retroattivo degli incentivi che segue un rallentamento già verificatosi nel 2013. Già nel 2013 l’Italia, con circa 95mila occupati diretti e indiretti, aveva fatto segnare un saldo negativo rispetto al 2011 di ben 27mila posti di lavoro (-22%). È il fotovoltaico ad avere la performance peggiore rispetto al 2011 (-82%), seguito dai biocombustibili (-40%).
Non è disponibile ancora il dato del 2014, ma, considerato il crollo dei nuovi impianti, è realistico attendersi anche un ulteriore forte calo dell’occupazione.
Ci sono anche settori in cui, tuttavia, l’occupazione è in crescita, come nell’efficienza energetica. Grazie al bonus, dal 2006 al 2013, le domande per detrazioni destinate alla riqualificazione energetica sono state 1,88 milioni per un importo di ben 22 miliardi di euro di interventi. In media sono stati occupati 40mila addetti diretti ogni anno nella riqualificazione energetica (60mila considerando l’indotto), con un aumento nel 2014 di 48mila occupati diretti, che arrivano a 72mila incluso l’indotto. Un piccolo boom occupazionale è stato registrato anche nel settore delle due ruote, dove si contano oltre 22mila addetti che si ripartiscono in diversi settori d’impiego, tra cui il più importante è quello del turismo ciclabile che da solo ha attivato nel 2014 il 62% dei posti di lavoro.
La Relazione segnala la positiva riduzione delle emissioni di gas serra, ma anche l’aggravamento del dissesto idrogeologico prodotto dal cambiamento climatico, le tendenze positive verso un circular economy, ma anche i molti ritardi come nell’eco-innovazione, gli importanti progressi compiuti dall’agricoltura di qualità ecologica, mentre nella mobilità i segni di cambiamento sono ancora insufficienti e il quadro complessivo resta carente.