Ormai lo sappiamo: le microplastiche contaminano i nostri oceani, e con essi anche gli animali che li abitano (un recente studio ne ha trovato traccia perfino all'interno di diversi squali). Una ricerca pubblicata su Environmental Pollution e condotta dall'Universitat Autònoma de Barcelona (UAB) ha analizzato alcuni gamberi viola (Aristeus Antennatus), scoprendo che la maggior parte aveva ingerito microfibre di plastica.
Sorprendentemente, pare che la dieta di plastica non ha conseguenze sulla salute dei gamberetti, ma ancor più sorprendentemente i ricercatori affermano che quella plastica non ha conseguenze nemmeno sulla nostra salute, quando ce li ritroviamo sul piatto - ma solo se parliamo di gamberi e di un preciso modo di mangiarli.
Gamberi ripieni. Il tratto digestivo del 75% dei gamberi analizzati era contaminato dalla presenza di microplastiche; inoltre, tra quelli contaminati, la metà presentava nello stomaco delle palline, conseguenza dell'accumulo di plastica. La contaminazione dei crostacei variava in base alla loro zona di provenienza: quelli pescati vicino alla costa di Barcellona (una grande città con un grande porto commerciale e turistico) contenevano molte più fibre di plastica rispetto a quelli di altre zone.
La salute dei gamberi. Contrariamente a quanto accade con tutte le altre specie marine o che si nutrono di animali marini, la salute dei gamberi non è intaccata dalla presenza della plastica: gli studiosi non hanno trovato danni agli organi dei crostacei. Ciò che permetterebbe ai gamberi di non subire danni sarebbe l'esoscheletro che, cambiando periodicamente, consentirebbe loro di eliminare la plastica che li contamina.
La nostra salute. La plastica non nuocerebbe nemmeno a noi umani che li mangiamo, principalmente per due motivi: primo, la quantità di plastica contenuta nei crostacei sarebbe irrisoria, proprio per via del cambio periodico di carapace; ma, soprattutto, perché lo stomaco dei gamberi si trova nella loro testa, parte che spesso viene scartata - e che d'ora in poi bisogna abituarsi a scartare. Con un po' di attenzione «non dobbiamo preoccuparci dei gamberi», afferma Ester Carreras-Colom, coordinatrice dello studio: «assumiamo più plastica in altri modi, ad esempio attraverso la contaminazione ambientale, dalle fibre sintetiche dei vestiti, dalle microparticelle della polvere che finiscono inevitabilmente sui nostri piatti». Insomma, coi gamberi siamo (relativamente) tranquilli: ce ne saranno per tutti?