La speranza, solo alcuni anni fa era molto forte, che i buchi dell’ozono, quello sopra l'Antartide e quello di minor dimensioni sopra l'Artide, si sarebbero potuti chiudere entro pochi anni si è vanificata in seguito a una recente ricerca appena pubblicata dalla Nasa.
L’ente spaziale americano infatti, ha appena pubblicato uno studio in cui si sostiene che all’interno dell’atmosfera terrestre vi è un’inaspettata quantità di tetracloruro di carbonio (CCl4), un composto del cloro fortemente dannoso per lo strato d’ozono e bandito ormai da decenni. La sua presenza dunque, risulta alquanto misteriosa.
Il CCl4 - un tempo era utilizzato come liquido di raffreddamento e come agente estinguente - rientra tra le sostanze che il Protocollo di Montreal del 1987 aveva messo al bando in quanto distruggono l’ozono presente alle alte quote. L’ozono, che è una molecola composta da tre atomi di ossigeno, diversamente da quella che respiriamo che è composta da due atomi, costituisce una fascia tra i 30 e i 50 km di quota che protegge la vita sulla superficie terrestre dai raggi ultravioletti che arrivano dallo spazio.
UNA SORPRESA PER TUTTI. La ricerca della Nasa ha scoperto che ogni anno vengono immesse nell’atmosfera 39.000 tonnellate di CCl4 che corrispondono a circa il 30% della quantità di CCl4 che veniva prodotto dall’uomo prima del Protocollo di Montreal.
«Questa constatazione ci ha colto tutti di sorpresa – ha detto Qing Liang, un ricercatore dell’atmosfera del Goddard Space Flight Center di Greenbel in Maryland -. È evidente che da qualche parte del pianeta ci devono essere forti perdite industriali non identificate, o forti emissioni provenienti da siti contaminati, o, in ultima analisi potrebbero esserci fonti naturali che lo producono e che al momento sono sconosciute».
In realtà è da quasi un decennio che gli scienziati dibattono perché i livelli di CCl4 presenti nell’atmosfera non diminuiscono alla velocità prevista tenendo conto dei fattori che possono distruggerlo, come per esempio la radiazione solare o altri processi naturali.
«Ci chiedevamo – continua Liang -: c’è un fenomeno che rallenta la distruzione di tale sostanza o c’è qualcosa o qualcuno che continua ad immetterne nell’atmosfera?» Secondo i ricercatori infatti, il tetracloruro di carbonio sarebbe dovuto diminuire ad una velocità del 4% all’anno contro una diminuzione osservata dell’1%.
SCONOSCIUTO IL COLPEVOLE. Per dare una spiegazione al fenomeno la Nasa già da tempo utilizza una serie di satelliti ambientali e una rete di rilevatori terrestri per raccogliere tutte le informazioni possibili.
Ciò ha portato a scoprire - per esempio - che tra il 2000 e il 2012 vi deve essere stata certamente una fonte non identificata che ha immesso nell’atmosfera grandi quantità di CCl4. Oltretutto lo studio ha scoperto che la sostanza rimane nell’atmosfera prima di essere distrutta per un periodo di tempo superiore del 40% rispetto a quanto ipotizzato in èprecedenza.
Ovviamente, dicono alla Nasa, ora ci si deve mettere alla caccia di chi immette nell’atmosfera tale sostanza e se è una fonte antropica colpire immediatamente gli autori o eliminarle se sono fonti che non hanno un responsabile di riferimento.