Le Olimpiadi invernali 2022, che si tengono a Pechino (Cina) dal 4 al 20 febbraio, sono le prime a disputarsi quasi interamente su neve artificiale, data la scarsità di precipitazioni. L'operazione è stata però tutt'altro che indolore: da anni la Cina ha grossi problemi di approvvigionamento di acqua, e per riuscire ad alimentare i cannoni che hanno imbiancato le piste ha dovuto riempire un fiume in secca svuotando un importante serbatoio idrico della zona, oltre a bloccare l'irrigazione di diversi terreni agricoli e "ricollocare" centinaia di agricoltori con le loro famiglie.
Un annoso problema. Pechino non è certo il luogo migliore dove ospitare i giochi olimpici invernali: complici i cambiamenti climatici, da anni la regione lotta con una costante carenza di acqua. Luglio e agosto sono gli unici due mesi in cui la pioggia cade copiosa, ma negli ultimi decenni sulla capitale e le montagne vicine fioccano in media appena 6 centimetri di neve in tutta la stagione invernale.
Secondo i più recenti dati disponibili, nel 2020 le risorse di acqua dolce annuali per abitante a Pechino erano di circa 117 metri cubi, mentre quelle della provincia dell'Hebei, dove si trova Zhangjiakou, la città che ospiterà alcune delle gare di sci e snowboard, raggiungevano i 197 metri cubi pro capite. Per avere un termine di paragone, basti pensare che ogni cittadino italiano ha a disposizione 3000 metri cubi d'acqua l'anno (dati del 2017), e che le Nazioni Unite considerano che i Paesi con meno di 1000 metri cubi annui a persona soffrano di scarsità d'acqua.
Contro natura. In barba a ogni logica ambientale, Pechino ha deciso di ospitare le olimpiadi invernali, e per farlo ha dovuto investire milioni di dollari: il compito di innevare le piste è andato all'azienda italiana TechnoAlpin, che ha installato pompe e costruito 65 chilometri di tubi per raccogliere circa un milione di metri cubi di acqua (sufficienti a riempire 400 piscine olimpiche) da trasformare in neve artificiale. Per riunire l'acqua necessaria all'impresa, i cinesi hanno svuotato il serbatoio idrico Baihebao per riempire il fiume Guishui, che scorre vicino all'area olimpica ma da tempo è in secca durante l'inverno.
Ma non basta: a Zhangjiakou è stata bloccata l'irrigazione di decine di migliaia di ettari di terreno per conservare l'acqua del sottosuolo, e il governo ha dovuto ricollocare gli agricoltori che vivevano nella zona dove ora si disputano le olimpiadi e sistemarli momentaneamente in condomini.
Meglio altrove. L'enorme sforzo che sta compiendo la Cina per ospitare i giochi olimpici invernali non fa bene all'ambiente: sebbene la neve artificiale venga recuperata e riutilizzata, una parte viene inevitabilmente persa.
Secondo uno studio citato dal New York Times e condotto da due ricercatori svizzeri, il 35% dell'acqua utilizzata per produrre la neve non può essere recuperata perché evapora prima di cristallizzarsi, perché alcuni fiocchi vengono dispersi dal vento e perché alcune goccioline non si cristallizzano del tutto e filtrano nel terreno (in questo caso, però, l'acqua viene recuperata dal suolo). «Costruire un complesso sciistico in una zona colpita da siccità non è certo ecologico», conclude Fabian Wolfperger, uno degli autori - ma d'altronde la Cina non è certo famosa per la politica attenta all'ambiente.