Ecologia

Parco dello Stelvio, Legambiente chiede un cambio di rotta sulla gestione

L'associazione scrive al ministro dell'Ambiente, ai presidenti delle Province autonome di Bolzano e Trento e della Regione Lombardia per dire no allo smantellamento e sostenere una gestione unitaria dell'area protetta.

Roma, 14 gen. - (AdnKronos) - Mantenere una gestione unitaria del Parco Nazionale dello Stelvio affidando le funzioni di sviluppo a una fondazione e puntando su un programma di coesione territoriale. Queste le richieste avanzate da Legambiente che scrive oggi al ministro dell'Ambiente, ai presidenti delle province autonome di Bolzano e Trento e al presidente della regione Lombardia per chiedere loro di cambiare rotta sulla gestione dell'area protetta.

L’associazione chiede a Galletti, Kompatscher, Rossi e Maroni di destinare i loro sforzi istituzionali non più allo smantellamento del parco ma alla costruzione di un processo di sviluppo territoriale che affianchi all'attività di un ente parco, unitario ma snello ed efficace nella tutela, una fondazione o un ente di sviluppo in grado di amministrare risorse pubbliche e private per attivare progetti vincolati allo sviluppo del territorio attraverso la cooperazione e il partenariato istituzionale tra i diversi versanti del Parco Nazionale.

Il decreto che dovrebbe sancire il declassamento del parco da area protetta di rilevanza sovranazionale a patchwork di istituti di gestione locali è già pronto, anche se non è ancora definitivamente approvato dalla commissione paritetica tra Stato e Autonomie Speciali.

Da quattro anni ormai, il Parco dello Stelvio, il maggior parco nazionale alpino, è sulla soglia dell’estinzione, denuncia Legambiente. "Da un lato - fa sapere l'associazione - le Province Autonome di Trento e Bolzano ne reclamano la spartizione per ambiti provinciali così da potervi liberalizzare la caccia, dall'altro la Lombardia è del tutto disinteressata alla porzione che ricade sotto la propria giurisdizione. La passata gestione unitaria, affidata a un consorzio con Regione Lombardia e ministero dell’Ambiente, è risultata inconcludente e fallimentare, come sostengono a ragione le Province Autonome".

Ma la soluzione prospettata, secondo Legambiente, è peggiore del male da sanare. "E' nell'interesse di tutti, e non solo degli ambientalisti, che il Parco Nazionale smetta di essere un consorzio paralizzato - scrive il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza - per trasformarsi in realtà viva, capace di attrarre turismo, investimenti, progettualità".

Per questo, continua Cogliati Dezza, "è ora di uscire da 80 anni di parco tra separati in casa, e di scoprire tutti insieme quali potenzialità possono essere offerte da un partenariato capace di andare oltre i confini amministrativi, per far sì che lo Stelvio diventi un parco d'eccellenza in un territorio d'eccellenza”.

Secondo Legambiente, una riforma della governance dovrebbe richiedere una semplificazione: un solo ente che sviluppi e coordini le attività di ricerca scientifica e monitoraggio, vigilanza, regolamentazione e pianificazione.

Invece, nella soluzione prospettata dalle Province Autonome, restano le tre sedi, con la conseguente proliferazione di centri di spesa e di poltrone, ma ciascuna delle quali rispondente esclusivamente all'ente Regionale della Lombardia o delle Province di Trento e Bolzano.

Difficoltà che hanno impedito al parco di affermarsi come modello virtuoso di gestione del territorio: mancanza di comunicazione tra le valli del parco e di condivisione del progetto con le popolazioni che vivono a ridosso o dentro il parco. Bisognerebbe invece concentrarsi sullo sviluppo territoriale, utilizzando risorse che sono disponibili ma vanno ben impiegate: da un lato, i fondi garantiti per le aree di confine dalle Province Autonome; dall'altro, il Piano d'Area dell'Alta Valtellina.

"Si tratta di usare queste risorse - aggiunge Cogliati Dezza - oltre ai trasferimenti del Governo per il funzionamento dell'ente, non come moneta di consenso, bensì per amministrare un fondo unitario, per metterle a disposizione degli enti locali attraverso bandi che riconoscano come requisito fondamentale il partenariato tra comuni delle diverse valli del parco".

Tra Lombardia, Trentino e Alto Adige potrebbe così sorgere, all'ombra del Parco Nazionale, un'area di cooperazione in cui comuni delle Alte Valli venostane, solandre, valtellinesi e camune lavorino insieme per sviluppare progetti e servizi nel turismo, in agricoltura, nella valorizzazione e marketing di prodotti, nei servizi per la mobilità, nelle infrastrutture montane e nella manutenzione del territorio.

In sostanza, la proposta è quella di "affiancare all'ente parco unitario una fondazione o altro soggetto, la cui missione esclusiva sia quella di alimentare lo sviluppo delle vocazioni di questo spazio alpino, affinché possa pienamente esprimere le prerogative che visitatori e residenti si aspettano dalla prossimità del parco nazionale, e lo faccia utilizzando le potenzialità progettuali che discendono dall'attivazione di partenariati”, conclude Cogliati Dezza.

14 gennaio 2015 ADNKronos
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