Già a metà giugno le temperature massime rilevate in molte città europee raggiungevano picchi che di solito si registrano alla fine di luglio, quando il termometro tocca il suo record per la stagione estiva. Un'ondata di calore quasi simultanea ha interessato negli stessi giorni vaste zone degli Stati Uniti sudoccidentali, e lo stesso è accaduto contemporaneamente in nove province della Cina settentrionale e centrale: nell'Henan, l'asfalto di alcune città è diventato talmente rovente da fratturarsi come succede durante i terremoti. L'India era invece alle prese con un caldo soffocante già da marzo, una situazione solo in parte mitigata dai recenti monsoni.
Più continenti nella stessa morsa. Le ondate di calore sono "condizioni meteorologiche estreme che si verificano quando si registrano temperature molto elevate per più giorni consecutivi, spesso associate a tassi elevati di umidità, forte irraggiamento solare e assenza di ventilazione" (fonte: salute.gov). Sappiamo che la crisi climatica ha reso questi eventi più probabili, ma solo di recente gli scienziati del clima hanno iniziato a notare che essi si verificano sempre più spesso in contemporanea anche in luoghi molto distanti tra loro - in questo caso nei Paesi considerati le principali potenze economiche mondiali: un fatto rilevante per le ricadute di questi eventi estremi sulla produzione e l'export di cibo.
Trasporto di calore. La spiegazione di tutto questo ha a che fare con le correnti a getto, fiumi d'aria che si spostano velocemente nella parte superiore dell'atmosfera, alle alte latitudini. «Per avere un'ondata di calore, abbiamo bisogno del calore e anche della circolazione atmosferica che permette al calore di accumularsi» spiega al New York Times Daniel E. Horton, climatologo della Northwestern University (USA). Con il riscaldamento globale l'eccesso di calore è presente in abbondanza. Ma la crisi climatica ha evidentemente un impatto anche sul modo in cui questo calore viene distribuito nelle varie parti del mondo.
Destino comune. Studi recenti hanno riscontrato questo tipo di collegamento climatico tra Nord America, Europa e Asia. In base a un'analisi pubblicata sul Journal of Climate, il numero medio di giorni tra maggio e settembre in cui si sia registrata almeno un'ondata di calore nell'emisfero settentrionale è raddoppiato tra gli anni '80 e il decennio del 2010; ma il numero di giorni con almeno due o più ondate di calore in contemporanea è cresciuto addirittura di sette volte, arrivando a 143 giorni.
Ossia praticamente tutti i giorni tra maggio e settembre.
Lo studio, che ha inoltre stabilito che queste ondate di calore sono cresciute di intensità nell'arco di trent'anni, ha chiarito meglio dove si verificano. Tra 1979 e 2019 forti ondate di calore hanno colpito sempre più spesso simultaneamente la parte orientale del Nord America, l'Europa e l'Asia centrale e orientale. Il punto è ora cercare di capire in che modo il global warming stia influenzando le correnti a getto, che determinano le situazioni meteorologiche sopportate da miliardi di persone.
Stazionarie. Il rapido riscaldamento dell'Artico legato al global warming riduce la differenza di temperatura tra le fasce settentrionale e meridionale dell'emisfero nord del Pianeta. Queste differenze di temperatura però sono utili, perché costituiscono la principale spinta delle correnti a getto che spostano masse d'aria nell'alta atmosfera di entrambi gli emisferi (per ogni emisfero esistono una corrente a getto polare e una subtropicale, che si muovono da ovest a est).
Se si riducono le differenze di temperatura le correnti a getto rallentano, ed eventi come le ondate di calore, le piogge intense o le ondate di gelo invernali finiscono per sostare più a lungo sopra la stessa area. Più tempo dura un'ondata di calore, più gravi sono le sue ripercussioni sulla salute della popolazione, sui raccolti e sulla tenuta delle foreste colpite da incendi. Figuriamoci se questi danni sono prodotti nello stesso momento in più luoghi del nostro Pianeta interconnesso.