Ecologia

Olio di cocco e danni all'ambiente: le prime reazioni

Dopo la pubblicazione di uno studio sui danni dell'olio di cocco è scoppiata la polemica tra ricercatori. Ecco le prime reazioni sull'argomento.

Quando vi abbiamo raccontato dello studio di Erik Meijard pubblicato su Current Biology e che punta il dito sui disastri ambientali causati dalle coltivazioni di olio di cocco vi abbiamo avvertito: il lavoro sarebbe stato accolto con scetticismo, polemiche e accuse di conflitto d'interesse, addirittura come un modo per sviare l'attenzione dal ben più dannoso olio di palma.

È andata esattamente così: come racconta Science, scienziati ed esperti di tutto il mondo hanno reagito alla pubblicazione accusando Meijard di fare gli interessi dell'industria dell'olio di palma e di fornire scuse e giustificazioni a chi pratica tagli selvaggi; inoltre, molte delle conclusioni presentate nello studio vengono messe in discussione o direttamente smontate dati alla mano.

"Cara industria del legno...". La reazione più veemente è arrivata, via social come è d'uopo di questi tempi, dal primatologo Adriano Lameira dell'università di Warwick, che in una serie di tweet indica sarcasticamente lo studio di Meijard come il riferimento ideale per l'industria del legno quando deve giustificare tagli massicci e distruzione dell'habitat. Altri esperti hanno invece puntato su quelli che secondo loro sono gli errori metodologici nella ricerca di Meijard: Meine van Noordwijk, per esempio, ricercatore presso il World Agroforestry Center fa riferimento all'affermazione secondo la quale le coltivazioni di palma da cocco abbondano in piccole isole tropicali popolate da specie che vivono solo lì e che quindi sono messe sproporzionatamente a rischio dalla deforestazione; secondo van Noordwijk questo non è vero, perché solo l'8% delle palme da cocco coltivate a uso commerciale si trovano su queste isole, mentre la stragrande maggioranza della produzione (circa l'80%) arriva da Indonesia, India e Filippine.

Solo colpa del cocco? Un'altra obiezione è quella fatta dalla biologa indonesiana Sheherazade, a capo dell'associazione conservazionista Tambora Muda Indonesia, che spiega come le palme da cocco non vengono piantate, per così dire, "in isolamento", ma sempre in associazione con altre specie: affermare che la colpa della distruzione dell'habitat sia della palma da cocco è limitante e non tiene conto del resto dei raccolti.

Da parte sua, Meijard si difende dicendo che non era sua intenzione difendere l'olio di palma ma invitare a fare attenzione anche ad altre coltivazioni potenzialmente impattanti; un'argomentazione alla quale Sheherazade e van Noordwijk rispondono spiegando che uno studio del genere rischia di venire strumentalizzato e utilizzato come "arma" dall'industria dell'olio di palma: «Il dibattito è molto polarizzato e bisogna fare attenzione a non creare falsi miti», dicono.



27 luglio 2020 Gabriele Ferrari
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