L'olio di palma è uno dei grandi protagonisti, in negativo, delle discussioni di questi anni sui cambiamenti climatici e sulla sesta estinzione: anche chi non si interessa granché dell'argomento sa che le coltivazioni di palma da olio (come tutte le monocolture) causano deforestazione e distruzione dell'habitat, e ha imparato che gli oranghi sono in pericolo di estinzione a causa di questo prodotto. Tra le alternative più diffuse e finora considerate "sicure", c'è l'olio di cocco; ora uno studio pubblicato su Current Biology (disponibile in versione pre-print) sostiene che questa alternativa non sia poi così innocua come crediamo, e che anzi mette a rischio più specie di quanto non faccia l'olio di palma.
Un'avvertenza. Prima di parlare dello studio è d'obbligo una considerazione: il primo firmatario è Erik Meijaard, conservazionista dell'università del Kent ma anche responsabile della Oil Palm Task Force dell'IUCN e il cui lavoro viene finanziato in parte dalla Roundtable on Sustainable Palm Oil - in altre parole non serve essere complottisti per pensare che dietro il suo lavoro ci possa essere una qualche forma di conflitto d'interesse, e sarebbe superficiale prendere lo studio per buono senza considerare chi l'ha pubblicato.
Ciò detto, è anche vero che Meijaard, che riassume i risultati dello studio in un articolo sull'autorevole The Conversation, non sostiene che l'olio di palma sia meglio o peggio dell'olio di cocco, ma fa un discorso duro e molto ampio sulla sostenibilità delle monocolture.
Monocolture e biodiversità. Il ragionamento di Meijaard parte da una considerazione legata al suo lavoro sulla percezione pubblica dell'olio di palma e prodotti simili: mentre quello di palma viene considerato "negativo per l'ambiente" da più della metà del campione da lui intervistato, la percentuale si inverte nel caso dell'olio di cocco, che è molto utilizzato non solo dall'industria alimentare ma anche, per esempio, da quella dei cosmetici.
Meijaard spiega che nel mondo la superficie coltivata usata per produrre olio di palma è pari a 20 milioni di ettari, contro i 12,5 dedicati all'olio di cocco, ma che questi ultimi sono concentrati soprattutto sulle isole tropicali, ricchissime di specie che non hanno altri habitat sul pianeta. A conti fatti, afferma Meijaard, è che le specie messe a rischio dalla produzione di olio di cocco sono 20 per ogni milione di tonnellate, mentre l'olio di palma si "ferma" a 3,8: per le caratteristiche dell'ambiente in cui prosperano le colture di cocco, a parità di volume prodotto l'olio di cocco minaccia più specie di quante ne faccia l'olio di palma.
Insomma, se è innegabile che l'olio di palma è un problema, bisogna cominciare a prendere in considerazione anche la sostenibilità dei suoi sostituti.