Ora scriveremo una frase che non dovrebbe sorprendervi: l'aumento delle temperature globali dovuto all'immissione in atmosfera di gas serra di natura antropogenica sta stravolgendo tutti gli ecosistemi, e a meno che la tendenza non venga invertita le conseguenze sulla biodiversità del pianeta saranno gravissime.
Quante e quali specie marine scompariranno? Questo ormai lo sappiamo. Quello che non sappiamo, in molti casi, è quali saranno di preciso queste conseguenze: quali e quante specie si estingueranno, quali invece sopravviveranno, costrette magari a cambiare casa; il massimo che possiamo fare è creare modelli che simulino il futuro per avere un'idea di quello che ci aspetta.
Prendete la biodiversità del mare: è chiaro che gli effetti del riscaldamento globale la stanno danneggiando – ma quanto? Un nuovo studio pubblicato su Science prova a dare una risposta, e c'è poco da stare allegri: la catastrofe è paragonabile alle peggiori estinzioni di massa della storia della Terra.
Quando si parla di estinzioni, la mente corre subito all'asteroide di Chicxulub, quello che spazzò via i dinosauri dalla faccia della Terra. In realtà, la peggiore estinzione di massa che abbia mai colpito il nostro pianeta è un'altra: quella che, circa 250 milioni di anni fa, segnò il passaggio dal Permiano al Triassico.
La peggiore estinzione di massa. Nel corso di pochi milioni di anni (forse 10, forse addirittura 5) sparirono dal pianeta il 70% dei vertebrati terrestri, la maggior parte degli insetti (mai così tanti in una singola estinzione) e, soprattutto, l'81% delle specie marine. Che sono quelle che ci interessano, perché stando allo studio di Justin L. Penn (Università di Princeton) è proprio all'estinzione del Permiano che dobbiamo guardare se vogliamo capire cosa succederà ai nostri oceani.
Il modello costruito da Penn è una novità perché mette in relazione i cambiamenti delle condizioni oceaniche (temperatura e concentrazione di ossigeno in particolare) previsti per i prossimi decenni con quelli che sono i limiti fisiologici ("di sopportazione", per capirci) delle specie marine.
Gli oceani sono spacciati? Penn ha scoperto così che ci troviamo già nelle condizioni ideali per far scattare un'estinzione di massa che fa concorrenza a quella del Permiano. Basta non fare nulla per migliorare la situazione globale: gli attuali livelli di emissioni di gas serra, e i ritmi a cui le temperature degli oceani si stanno alzando e la concentrazione di ossigeno si sta abbassando, sono sufficienti a spazzare via la maggior parte delle specie marine.
Stando al modello di Penn, le acque tropicali sono quelle che perderanno più specie, che quando possibile si sposteranno verso i poli in cerca di acque più fredde.
Questo creerà un doppio problema alle specie che già vivono ad alte latitudini: prima di tutto l'arrivo della concorrenza, e soprattutto l'impossibilità di scappare – se le specie tropicali possono inseguire il fresco spostandosi a nord o a sud, le specie che già vivono agli estremi della Terra non avranno scampo. Lo studio si chiude con una nota di speranza: ridurre (o addirittura azzerare) le emissioni il prima possibile potrebbe salvare fino al 70% delle specie attualmente a rischio – cioè quasi tutte.