Il problema della plastica nei mari di tutto il mondo, e in particolare nell'Oceano Pacifico è sempre più pressante. Nel Pacifico, tra la California e le Hawaii, si è accumulata in un'area relativamente circoscritta una quantità spaventosa di plastica, la Great Pacific Garbage Patch.
L'Isola di Plastica del Pacifico è un enorme accumulo di rifiuti galleggianti portati e mantenuti lì dal gioco delle correnti oceaniche. Uno studio pubblicato su Nature dall'Ocean Cleanup Foundation olandese dimostra che il problema è più grave di quanto si pensava.


La quasi totalità dei rifiuti galleggianti è costituita da plastiche (99,9%), per circa 79.000 tonnellate distribuite su di un'area di 1,6 milioni di chilometri quadrati (circa un decimo della superficie dell'intero Pacifico): è una quantità ben 16 volte superiore a quanto finora stimato. Le misure riportate dal lavoro sono state ottenute grazie ai satelliti e alle campionature effettuate da 18 speciali imbarcazioni attrezzate con 652 reti.
L'Età della Plastica. L'analisi delle campionature ha rivelato che il 75% del materiale deriva da detriti con un diametro superiore ai 5 centimetri proveniente da contenitori, bottiglie, coperchi, cavi, reti da pesca e nastri da imballo. Questo lavoro ha permesso anche di risalire all'anno di provenienza di parte dei rifiuti: in una campionatura di 50 pezzi, per esempio, ce n'erano uno del 1977, sette degli anni Ottanta, 14 degli anni Novanta, 24 del Duemila e 1 dell'ultimo decennio.
Un'altra parte del problema sono le microplastiche, ossia le particelle minute di plastica, micidiali per la fauna (perché i pesci se ne nutrono) e ormai ingrediente comune dell'intera catena alimentare. Sono l'8% della massa totale di plastica dispersa in mare, ma ben il 94% dei 1.800 miliardi di pezzi che fluttuano sugli oceani.

Le microplastiche si stanno accumulando a un ritmo impensabile pochi anni or sono: negli anni Settanta se ne raccoglievano 0,4 chilogrammi per chilometro quadrato, oggi si è arrivati a 1,23 chilogrammi per chilometro quadrato.
Più plastica che pesci. Un quadro, questo, che conferma i dati riportati da un recente documento dell'UNEP (United Nations Environment Programme) dove si afferma che ogni anno oltre 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani. Oggi si produce 20 volte più plastica che negli anni Sessanta (di cui un terzo per gli imballaggi) e se non si metterà freno alla situazione entro il 2050 la massa di plastica negli oceani supererà supererà in peso quella tutti i pesci dei mari, mentre il 99% degli uccelli marini avrà ingoiato quantità più o meno elevate di plastiche.


Il progetto dell'ESA. Per il monitoraggio delle plastiche l'ESA ha avviato il programma Remote Sensing for Marine Litter.
Spiega Paolo Corradi, dell'ESA, che «con i satelliti abbiamo la possibilità di realizzare mappe dettagliate delle correnti oceaniche e quindi di simulare al computer i percorsi e le aree dove va ad accumularsi la plastica nell'Oceano Pacifico e negli altri mari del mondo. Dai satelliti non si potrà fotografare la plastica galleggiante, ma riusciremo a identificare una "firma spettrale" di questi materiali, con un sistema simile a quello che permette di identificare le concentrazioni di fitoplancton, dei sedimenti sospesi e di vari inquinanti marini».
Sarà uno strumento prezioso per vedere quale strada fanno i rifiuti, dove si concentrano e, da questi dati, tentare programmi di pulizia. Tuttavia, nel tempo è innanzi tutto necessario ridurre l'uso di plastica e migliorare di molto ciò che facciamo per smaltirla.