Ecologia

Nel paese dei monsoni dove l'acqua potabile è un lusso

Prosciugamento delle falde nei mesi aridi, inquinamento delle risorse idriche, infrastrutture logore e sistema fognario carente. In India la distribuzione di acqua potabile rimane un problema difficile da risolvere.

Il problema dell'approvvigionamento idrico in India è da tempo all'attenzione dell'Onu, dell'Oms e di diverse Ong. Nonostante sia uno dei paesi con precipitazioni medie annue tra le più alte, alcune delle sue regioni soffrono le conseguenze di un clima prevalentemente arido. Cherrapunji, nello stato nord-orientale di Meghalaya, è uno dei luoghi più piovosi al mondo con in media 12 metri di precipitazioni all'anno (per farsi un'idea, nelle zone più piovose d'Italia ci si aggira intorno al metro annuo), ma tra novembre e marzo questo villaggio si trova senza acqua. Pioggia o no, gli abitanti delle aree rurali come a Cherrapunji sono costretti a percorrere chilometri ogni giorno per recuperare l'acqua necessaria alla sopravvivenza. Nelle grandi città la popolazione riesce a cavarsela un po' più comodamente, con impianti idrici che raggiungono gran parte delle abitazioni, ma l'acqua erogata dai rubinetti è molto spesso non potabile e scorre soltanto per due o tre ore al giorno.

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Crescita e stress sulle risorse naturali
Ma clima e geografia non sono sufficienti a spiegare le difficoltà dell'India in tema di risorse idriche. Uno dei problemi principali è legato alla cosiddetta "doppia crescita", quella economica e quella demografica, che provocano un fortissimo stress sulle risorse naturali, a cui le infrastrutture faticano ad allinearsi. Uno studio della NASA, per esempio, ha mostrato quanto il Punjab, l'Haryana e l'Uttar Pradesh, regioni del nord-ovest, stiano subendo l'indebolimento delle riserve sotterranee parallelamente alla crescita esponenziale delle attività umane nella zona.

Infrastrutture logore e inquinamento
Secondo quanto riportato dall'Economic Times le falde acquifere di alcune grandi città come Delhi e Mumbai potrebbero seccarsi nel giro di pochi anni. Intanto le acque superficiali (fiumi e laghi) subiscono un grave inquinamento industriale e domestico che le rende inutilizzabili o, in caso contrario, altamente tossiche. Peggiorano la situazione impianti idrici vecchi, usurati e soggetti ad allacciamenti abusivi, che non permettono la capillare distribuzione dell'acqua, nemmeno in quelle zone che sulla carta sono servite regolarmente. Si stima che l'acqua dispersa nei percorsi degli acquedotti arrivi in alcuni casi al 70% e questo in parte spiega perché il consumo pro capite indiano supera quello europeo. Infine, il mancato trattamento delle acque usate provoca un ulteriore inquinamento delle falde. Nelle città che superano il milione di abitanti, solo la metà delle acque vengono scaricate in fognature adeguate, percentuale che scende drasticamente nelle campagne.

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Acqua, un bene comune?
Secondo WaterAid circa 320 mila bambini indiani muoiono ogni anno di diarrea causata da acqua non potabile. Poco incoraggiante è la ricerca di McKinsey & Company che spiega come nel 2030 la domanda di acqua in India raddoppierà, al crescere della sua popolazione. Il governo indiano si è impegnato da tempo alla soluzione del problema, ma da quanto si evince dall'ultima analisi dell'Organizzazione Mondiale della Sanità in India il diritto all'acqua e all'accesso ai servizi sanitari non è ancora stato riconosciuto per legge.

20 marzo 2013 Sara Zapponi
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