In questa fase dell'anno buona parte del Mare di Weddell, in Antartide, è ricoperta dai ghiacci. Eppure, a dispetto delle rigide condizioni climatiche, le immagini satellitari mostrano una voragine più estesa dell'Olanda - 77.000 km quadrati circa, quasi un quarto la superficie dell'Italia - all'interno della banchisa. Una voragine nei ghiacci, una polinia (nel linguaggio specialistico geografico), che si crea quando le correnti oceaniche spingono acqua calda verso la superficie, favorendo la fusione dello strato di ghiaccio che la ricopre.
Una vecchia conoscenza. La temperatura della colonna d'acqua in risalita si mantiene al di sopra del punto di congelamento, impedendo la formazione di ghiaccio e lasciando, appunto, un "foro" nella banchisa.
La polinia del Mare di Weddell era stata osservata per la prima volta negli anni '70 ed è stata rilevata di nuovo nel 2016. Il fatto che si sia formata anche quest'anno, e che sia più estesa delle precedenti, suggerisce agli esperti che il fenomeno sia un effetto della variabilità climatica e che possa ripetersi in modo ricorrente, mentre in passato quella formazione era stata considerata occasionale.
Il global warming c'entra qualcosa? Rimane ora da capire se e in quale misura l'evento possa essere collegato ai cambiamenti climatici. Le polinie, come il calving (il naturale distacco di parte dei ghiacciai e delle piattaforme di ghiaccio), sono fenomeni naturali, ma gli scienziati indagano se il ripresentarsi di questa dopo quattro decenni e per il secondo anno di seguito possa essere stato favorito da fenomeni di riscaldamento globale.
Le conseguenze. La fusione della banchisa antartica non ha conseguenze dirette sul livello del mare (perché è già ghiaccio in acqua). Ma una sua compromessa stabilità potrebbe favorire lo scivolamento di ghiacciai continentali che fluiscono su di essa, e a quel punto contribuire all'innalzamento dei mari.