Roma, 5 lug. - (AdnKronos) - Zara (marchio del gruppo Inditex), H&M e Benetton hanno tenuto fede ai loro impegni verso la completa eliminazione delle sostanze tossiche. Al contrario Esprit, Nike, Victoria’s Secret, e LiNing vengono relegati nella categoria 'Retrovie' perché non hanno compiuto i passi necessari ad impedire l’inquinamento da sostanze chimiche generato dalle loro filiere produttive. Questa la sintesi della “Sfilata Detox” di Greenpeace. La classifica valuta i progressi di 19 grandi marchi della moda verso la completa eliminazione delle sostanze tossiche.
"Facciamo i complimenti a Benetton, H&M e Zara per come stanno guidando l’intero settore e imponendo un nuovo standard, a livello mondiale, per una moda libera dalle sostanze tossiche", dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace Italia. "Queste aziende stanno dimostrando nei fatti che ripulire l’industria della moda dalle sostanze tossiche è già possibile".
La Sfilata Detox valuta le prestazioni delle aziende che hanno aderito alla campagna di Greenpeace secondo criteri come l’eliminazione delle sostanze chimiche pericolose dai loro prodotti e dai processi produttivi e la pubblicazione di informazioni trasparenti sugli scarichi di sostanze tossiche da parte dei propri fornitori.
Dei 19 marchi internazionali valutati, 12 si trovano nella categoria “La moda che cambia” ovvero rientrano tra quelli che, nonostante i progressi, devono migliorare in alcuni criteri per poter rispettare le scadenze del 2020, che prevedono la completa eliminazione delle sostanze tossiche.
Ad esempio Adidas, Burberry, Levi’s, Primark e Puma, adottando la lista di sostanze da eliminare proposta dal gruppo ZDHC (Zero Discharge of Hazardous Chemicals), che valuta solo le immissioni di sostanze inquinanti e prevede limiti di tolleranza per alcune sostanze chimiche, continuano a tollerare l’inquinamento prodotto nelle varie fasi di lavorazione.
Altri marchi come C&A, Fast Retailing, G-Star, Mango e gli italiani Valentino e Miroglio pur rientrando nella stessa categoria, hanno un punteggio più alto poiché hanno ottenuto risultati migliori in termini di eliminazione delle sostanze chimiche e trasparenza delle filiere produttive.
Combattere l’inquinamento delle acque causato dall’industria tessile e dell’abbigliamento è diventata un’emergenza ambientale specialmente in Paesi come la Cina dove più dell’80% delle acque di falda non è potabile. Infatti secondo un’analisi pubblicata quest’anno dal ministero per le Risorse Idriche cinese, quattro quinti dell’acqua proveniente da pozzi in Cina non è sicura a causa dell’inquinamento.
Il settore tessile italiano al contrario, sottolinea Greenpeace, ha dimostrato una maggiore sensibilità per quel che riguarda l’eliminazione delle sostanze tossiche.
Infatti, tra le aziende del nostro paese che hanno sottoscritto l’impegno Detox, oltre a marchi famosi come Benetton, Valentino e Miroglio, ci sono ben 50 aziende tessili e 27 di queste appartengono al distretto di Prato, il più grande distretto tessile europeo, che di fatto è diventato il cuore della rivoluzione Detox in atto nel nostro paese.