Roma, 12 gen. (AdnKronos) - Nella legge di stabilità sono stati stanziati 21 milioni di euro per il finanziamento del più importante progetto di ricerca pubblica, realizzato nel nostro Paese su una frontiera centrale come il miglioramento genetico attraverso biotecnologie sostenibili. Lo comunica il ministero delle Politiche agricole alimentari.
Il piano è articolato su tre anni e la regia dell’operazione sarà gestita dal Crea, il centro di ricerca specializzato del ministero delle Politiche agricole, che è stato rinnovato e reso più efficiente negli ultimi 12 mesi. Proprio il nuovo Crea ha dentro di sé alcune delle più importanti professionalità italiane nel campo della ricerca agroalimentare, come ad esempio lo staff che è stato protagonista del sequenziamento del genoma del frumento con importanti riconoscimenti internazionali.
"Vogliamo tutelare al massimo il nostro patrimonio unico di biodiversità – ha dichiarato il ministro Maurizio Martina - che è il tratto distintivo che fa dell’Italia un punto di riferimento per il mondo a livello agroalimentare. Per farlo investiamo nella ricerca pubblica, concentrando le risorse su un programma di attività che punta su innovazione e sostenibilità. In pochi anni possiamo essere leader sul fronte dell’agricoltura di precisione e delle biotecnologie sostenibili legate al nostro patrimonio colturale".
"Non siamo all’anno zero e vogliamo mettere a frutto le grandi professionalità dei nostri ricercatori, - sostiene il ministro - riconosciute anche a livello internazionale. Investiamo sulle migliori tecnologie per tutelare le nostre produzioni principali, dalla vite all’olivo, dal pesco al pero. Obiettivi chiari e ben definiti, con un percorso che guarda al futuro della nostra agricoltura. Anche in Europa va condotta una discussione definitiva perché queste biotecnologie vengano pienamente riconosciute, anche sotto il profilo giuridico, diversamente dagli Ogm transgenici".
BIOTECNOLOGIE SOSTENIBILI - Il Piano triennale prevede iniziative di ricerca in laboratorio, a legislazione vigente, con biotecnologie più moderne e sostenibili come il genome editing e la cisgenesi. Questi strumenti possono consentire infatti un impegno mirato di miglioramento genetico senza alterare le caratterizzazioni produttive del sistema agroalimentare, migliorandone le performance anche rispetto alla resistenza alle malattie. Su questo approccio si sono espresse favorevolmente le principali società scientifiche italiane tra le quali Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), Società Italiana di Genetica Agraria (Siga), Società Italiana di Biologia Vegetale (Sibv).
Il tratto essenziale che caratterizza queste biotecnologie è dato dal risultato finale ottenuto: i prodotti cisgenici o ottenuti per genome editing, non essendo realizzati con 'inserimenti' estranei a quelli propri della specie, sono del tutto simili a prodotti ottenuti per incrocio tradizionale.
Il miglioramento genetico vegetale rappresenta uno dei settori attraverso il quale è possibile aumentare competitività, efficienza produttiva e sostenibilità del sistema agricolo, favorendo l’adattamento ai cambiamenti climatici, e contribuendo alla qualità delle produzioni, sia con riferimento al potenziamento delle proprietà salutistiche e nutraceutiche, sia diminuendo la necessità di ricorrere all’uso dei fitofarmaci. Le colture coinvolte sono: vite, olivo, pomodoro, pesco, albicocco, agrumi, frumento, melanzana, melo, ciliegio, pioppo.
BIOTECNOLOGIE SOSTENIBILI DIVERSE DA TRANSGENICO - Diversi documenti redatti da organizzazioni scientifiche europee indicano che i prodotti delle tecniche di cisgenesi e genome editing non rientrano nella casistica degli OGM transgenici, dal momento che esse non sono diverse da quelle ottenibili attraverso un miglioramento genetico convenzionale.
Gli Stati Uniti, ad esempio, hanno già dichiarato che le piante ottenute attraverso il genome editing non sono da considerare Ogm e, allo stesso modo si è recentemente espressa anche la Svezia con riferimento a due specifici prodotti, ed è già stato redatto un parere dell’Efsa nel 2012 su richiesta dell’Ue in cui si conclude che le piante ottenute per cisgenesi non presentano differenze rispetto a quelle costituite attraverso un normale processo di incrocio.