Si sente spesso parlare di rifugiati climatici, ma il riscaldamento globale è solo uno dei fattori ambientali e politici che contribuiscono all'aumento dei fenomeni migratori. Una nuova serie di mappe realizzate dai ricercatori dell'Università di Cincinnati (Ohio) ha ricavato da foto satellitari ad alta definizione del periodo 1992-2015 i dati più precisi e completi sull'uso che si è fatto della superficie terrestre, e su come le attività umane hanno radicalmente trasformato il 22% delle aree abitabili del nostro pianeta.
Colpo d'occhio. Le informazioni su aumento e riduzione delle terre destinate all'agricoltura, su deforestazione e riforestazione, sulla perdita o il recupero di terreni erbosi o di paludi, sull'aumento delle aree urbane, la diminuzione di fonti d'acqua dolce e l'avanzata dei deserti sono stati raccolti in mappe che mostrano l'impatto di tutti i fenomeni contemporaneamente sul territorio: si comprendono così, da un lato, la velocità delle trasformazioni che imponiamo alla superficie del Pianeta, dall'altro le ragioni che spingono ad abbandonare territori inospitali e poveri di risorse.


Tristi conferme. I dati satellitari originariamente raccolti dall'ESA per studiare i cambiamenti climatici e il ciclo del carbonio (nel quale l'estensione delle coperture forestali ha un ruolo chiave) si prestano a diversi utilizzi. Mostrano per esempio la massiccia perdita di foreste in America centrale e meridionale, in parte (ma non solo) rimpiazzate da terreno riconvertito ad uso agricolo. Un aumento dell'urbanizzazione emerge in Europa e Nord America, mentre nel sudest degli Stati Uniti si nota la consistente perdita di aree paludose.
Nel periodo analizzato, il deserto del Sahara è avanzato per la perdita di terreni erbosi legata all'aumento delle temperature. Le mappe confermano anche la scomparsa del lago d'Aral, in Asia Centrale, un tempo quarto lago più esteso del Pianeta: le sue acque, come abbiamo più volte documentato, sono state utilizzate a scopi irrigui.


Spostarsi per sopravvivere. Queste trasformazioni impattano in modo diretto sulla possibilità di abitare in un luogo e vivere delle risorse che offre. «In questo momento ci sono carovane di persone in marcia verso gli Stati Uniti», spiega Tomasz Stepinski, tra gli autori del progetto, pubblicato sull'International Journal of Applied Earth Observation and Geoinformation: «molte di loro provengono dal Guatemala e hanno perso porzioni di foresta per l'utilizzo di legname come carburante. È uno degli aspetti della crisi dei rifugiati.» La domanda che dovremmo porci, aggiungono i ricercatori, è a quali ulteriori, drammatiche trasformazioni dovremo assistere nei prossimi 25 anni.