Roma, 3 apr. - (AdnKronos) - Una dozzina di regioni per circa 90 siti. Sono queste le cifre ballerine e non ufficiali che si aggirano intorno alla mappa dei siti idonei ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. Voci di corridoio che tra le regioni escluse per ragioni sismiche indicano Umbria, Marche, Emilia Romagna e Abruzzo. La carta dal 13 marzo si trova sulle scrivanie dei ministeri dello Sviluppo economico e Ambiente che hanno un mese di tempo per dare il via libera alla pubblicazione. Si arriva così a metà aprile. Una scadenza che, secondo molti esperti del settore, molto probabilmente slitterà a dopo le elezioni comunali e regionali previste per il 31 maggio (Lo Speciale).
Sulla definizione del deposito nazionale per i rifiuti radioattivi “siamo ad un punto critico” commenta all'Adnkronos, Paolo Bartolomei dell’Osservatorio Chiusura Ciclo Nucleare secondo cui “ la procedura verrà rinviata sicuramente a dopo le elezioni”. Secondo alcuni, dunque, si temporeggia per evitare un argomento spinoso che non giova affrontare in piena campagna elettorale. Ma c'è anche un altro elemento da prendere in considerazione “meno malizioso” come spiega all'Adnkronos, Roberto Mezzanotte, ex direttore del dipartimento nucleare dell'Ispra
Dopo la pubblicazione della mappa dei siti idonei, spiega Mezzanotte, “la Sogin ha 120 giorni di tempo per convocare il seminario nazionale. Questo vuole dire che se i ministeri, dovessero rispettare i tempi dei 30 giorni e quindi dare l'ok alla pubblicazione per metà aprile, il seminario nazionale dovrebbe essere convocato in pieno agosto”. Scenario abbastanza improbabile.
Il deposito nazionale, commenta Mezzanotte, “è un'opera indispensabile che dovrà essere disposta in tempi rapidi sia perché è necessario mettere in sicurezza questi rifiuti, sia perché abbiamo dei rifiuti radioattivi in Francia e in Inghilterra che devono rientrare in Italia per un obbligo internazionale entro il 2025”.
Abbiamo davanti ancora 11 anni: “può sembrare un tempo lungo - commenta Mezzanotte - ma non lo è visto che dopo 5 anni dal decreto legislativo che ha sancito definitivamente la necessità di realizzare l'opera, siamo ad una fase poco più che iniziale”. Come primo passo la procedura prevedeva la messa a punto dei criteri di localizzazione ma, spiega Mezzanotte, “ci sono voluti 4 anni solo per capire di chi fosse la competenza”.
L'Ispra infatti sul tema del nucleare “lavora da 20 anni in uno stato di precarietà”. Un eterno supplente che aspetta di essere definitivamente soppiantato dal docente di ruolo. E già perché prima, con l'ipotesi del ritorno al nucleare, si doveva costituire l'agenzia per la sicurezza nucleare.
Chiuso definitivamente questo capitolo con il referendum, il governo deve istituire l'Isin, la nuova autorità per la sicurezza nucleare. Ma anche qui siamo in ritardo. Intanto, però le polemiche non si placano con la Sardegna che ha già indetto manifestazioni per dire no alla possibilità di costruire il deposito sul proprio territorio.