Potrebbero servire quasi 70 anni, procedendo a questo ritmo, per liberare L'Aquila da tutte le macerie che ne occupano le strade, originate dal terremoto dell'aprile 2009. E' la denuncia di Legambiente, contenuta nel dossier "Macerie, anno zero" in cui si denuncia "lo stallo nella ricostruzione", ma soprattutto il fatto che il ritardo nella rimozione ha trasformato il capoluogo abruzzese in una sorta di gigantesco "deposito di stoccaggio". Gli ambientalisti non si limitano però ad analizzare la situazione, mettendo a fuoco "ruoli e responsabilità,sottlineando errori e omissioni", ma indicano anche delle possibili soluzioni per liberare le strade dai detriti e avviare la vera fase di ricostruzione.
Tra le richieste, quella di "fondamentale" dell'avvio al riciclo dei materiali contenuti nelle macerie, a cominciare dagli inerti che ne sono la parte più consistente, procedura peraltro già prevista per legge, come hanno spiegato i responsabili dell'Anpar (Associazione nazionale produttori aggregati riciclati), secondo i quali servirebbero "una decina di impianti dislocati nel territorio della provincia dell'Aquila, che potrebbero lavorare in circa due anni tutti gli inerti derivanti dalle macerie del terremoto, producendo oltre 4 milioni di tonnellate di aggregato riciclato". La realizzazione degli impianti darebbe anche un forte impulso a un'imprenditoria tecnologicamente avanzata e innovativa, riducendo "la necessità di discariche o altri siti di smaltimento e renderebbe disponibile materiale riciclato di qualità per gli interventi di ricostruzione". Ma soprattutto "eviterebbe il ricorso massiccio a nuove cavazioni di materiale vergine in una regione dove l'attività estrattiva è tra le più alte d'Italia, ma non esiste un Piano cave che la regolamenti".
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