Stiamo rovesciando metano in atmosfera a ritmi insostenibili, se vogliamo mantenere la Terra abitabile. Negli ultimi 5 anni, le emissioni globali di metano sono cresciute con una velocità mai raggiunta prima, arrivando alla più elevata concentrazione in atmosferica degli ultimi 800.000 anni.
Ora i livelli di metano in atmosfera sono 2,6 volte più alti rispetto all'era pre-industriale, a causa delle solite attività antropiche ma anche di alcune, finora poco indagate interazioni tra le attività umane e le emissioni di metano di origine naturale. A lanciare l'allarme sono due articoli usciti in contemporanea su Environmental Research Letters ed Earth System Science Data.
Emissioni di metano: verso gli scenari peggiori
Gli studi nascono dal lavoro del Global Carbon Project, un'iniziativa guidata da Rob Jackson, scienziato ambientale dell'Università di Stanford (California) che tiene traccia delle emissioni globali di gas serra. Nonostante 158 Paesi abbiano aderito al Global Methane Pledge, un accordo internazionale per ridurre le emissioni globali di metano di almeno il 30% rispetto ai livelli del 2020 entro il 2030, al momento l'obiettivo appare «distante come un'oasi nel deserto» dice Jackson.
Le emissioni di metano stanno infatti crescendo seguendo la traiettoria più estrema immaginata nei modelli climatici, quella che potrebbe portare il riscaldamento globale a +3 °C rispetto all'era pre-industriale entro fine secolo.
Anche se il metano ha un tempo di permanenza in atmosfera inferiore rispetto all'anidride carbonica, nei primi 20 anni dal suo rilascio l'effetto serra che esercita ha un impatto quasi 90 volte più forte della CO2. Ecco perché gli interventi di riduzione delle emissioni di metano sono così importanti per tamponare gli effetti più immediati della crisi climatica.
Emissioni di metano: da dove arrivano?
Responsabili delle emissioni di metano sono la decomposizione dei rifiuti nelle discariche, le attività agricole, l'estrazione e l'utilizzo di combustibili fossili, o sorgenti naturali come le paludi. Gli aumenti degli ultimi anni derivano soprattutto dalla crescita delle emissioni nelle attività estrattive di carbone, petrolio e gas, dall'allevamento animale e dalla decomposizione di cibo e rifiuti organici nelle discariche.
Un capitolo a parte merita il metano prodotto da paludi, stagni, laghi e altri corsi d'acqua dolce, che tradizionalmente è sempre stato considerato come "naturale", non legato alle attività umane. Secondo le nuove valutazioni, sempre più spesso anche questo tipo di emissioni è il risultato di un'influenza delle attività antropiche sui luoghi naturali.
Per esempio, i bacini idrici artificiali emettono circa 30 milioni di tonnellate di metano all'anno, per via della decomposizione della materia organica in essi contenuta.
Si stima che a circa un terzo delle emissioni di metano da paludi e specchi d'acqua dolce abbiano contribuito, negli ultimi anni, attività umane come rilascio di fertilizzanti e acque reflue, l'uso improprio del suolo, i cambiamenti climatici.
Emissioni di metano: il ruolo della pandemia
Sorprendentemente, a incidere sulle emissioni di metano potrebbe essere stata la pandemia di CoViD-19. Nel 2020, si sono accumulate in atmosfera quasi 42 milioni di tonnellate di metano, due volte l'ammontare annuo raggiunto in media nel decennio del 2010. A incidere potrebbe essere stata la riduzione dei trasporti durante i lockdown, che ha tenuto a bada le emissioni degli ossidi di azoto (NOx). Questi composti chimici, deleteri per la qualità dell'aria, ostacolano però l'accumulo di metano in atmosfera.