Lunedì scorso però l’Agenzia di protezione ambientale degli Stati Uniti (Epa) ha pubblicato un piano che propone di tagliare del 30% entro il 2030 le emissioni degli impianti di produzione di energia, basandosi sui dati del 2005. È un piano articolato e complesso per limitare drasticamente una delle fonti più invasive di produzione di CO2 e altri gas serra, cioè il carbone.
Nero e sporco
Gli Stati Uniti infatti, grazie anche a riserve imponenti, producono il 39% dell’energia elettrica attraverso questa fonte fossile. Il carbone è un inquinante molto peggiore di petrolio, gas naturale e ovviamente energie alternative, perché ogni grammo bruciato emette in atmosfera 1,83 grammi di CO2, aumentando il riscaldamento globale (vedi grafico in fondo). Il carbone ha inoltre effetti immediati e negativi sulla salute umana, perché tutti i passi dell’utilizzo del carbone possono avere un grosso impatto. Dall’estrazione al trasporto, dalla preparazione alla combustione fino alla generazione di ceneri e al loro eliminazione, il carbone può influire specialmente sul sistema respiratorio e cardiovascolare. A ciò vanno uniti l’impatto ambientale derivato dalle miniere, sia profonde sia a cielo aperto, e gli scarti di lavorazione diretta dell’estrazione; negli Stati Uniti per esempio ci sono almeno 584 discariche di scorie della lavorazione del carbone e alcune di essere hanno un impatto sulla salute degli abitanti. Il presidente Obama ha presentato il piano per combattere le emissioni di CO2 dicendo: «In America, non dobbiamo scegliere tra la salute della nostra economia e la salute dei nostri bambini».
Verde davvero?
Se fosse approvato nella sua forma attuale, il piano darebbe agli Stati coinvolti molti metodi per abbassare le emissioni, dall’aumento dell’efficienza degli impianti alla produzione attraverso fonti rinnovabili fino all’acquisto di “permessi di inquinare” da altre industrie più virtuose. Molti impianti potrebbero aver problemi perché hanno oltre 50 anni, ma l’installazione di filtri e scrubber abbatterebbe molto le emissioni di CO2 e altri gas nocivi alla salute.
Sebbene per molti commentatori si tratti del primo passo importante degli Usa nella direzione di una riduzione delle emissioni, non tutte le voci sono concordi nel ritenerlo un successo. Molte associazioni ambientaliste, come il Sierra Club, pensano che la proposta possa aumentare in maniera esponenziale la percentuale di energia prodotta dalle fonti alternative, ma alcune, come Friends of the earth, ritiene che il passo non sia stato abbastanza coraggioso. Basandosi sugli scenari dei fisici dell’atmosfera e dei climatologi, Eric Picha, presidente dei Friends of the Earth, ritiene che: « Le mosse dei presidenti fino a questo punto sono state timidissime o inesistenti, e questa di Obama è importante, ma non è abbastanza forte o aggressiva». Alcuni fanno anche notare che il 2005, l’anno di riferimento, è una data molto favorevole per l’industria, perché ha visto un picco di emissioni da parte del carbone e del petrolio (vedi grafico accanto); diminuire l’anidride carbonica emessa nel 2005 è molto facile tanto che già adesso 13 stati dell’est e il Distretto di Columbia (dove si trova la capitale Washington) sono vicini all’obiettivo.
Diversissime le reazioni del mondo industriale e politico. Mentre i Democratici sono in gran parte d’accordo, l’industria del carbone e i rappresentanti degli stati in cui esistono grandi riserve, come il West Virginia, sono assolutamente contrari. Molti paventano un aumento della bolletta elettrica, una diminuzione dei posti di lavoro e una depressione dell’economia locale, fino a prevedere black out dovuti alla mancanza di energia (anche se Gina McCarthy, amministratore dell’Epa, dice che hanno torto marcio). Soprattutto, secondo le lobby del carbone e i loro rappresentanti al Congresso, ci sarà uno stop all’economia degli Stati Uniti e alla crescita, con una perdita di miliardi di dollari.
Dietro le quinte
È importante leggere questa proposta anche alla luce del momento in cui è stata fatta. Obama ha incaricato l’Epa di produrre il documento durante il suo secondo mandato, quando cioè non può più essere rieletto e una tale mossa non può danneggiarlo. Non ha nulla da perdere e non deve fare campagna elettorale. Inoltre il presidente ha scelto l’Agenzia di protezione ambientale perché aveva già tentato, nel 2010, di far passare una legge simile al Congresso. Gli interessi della fortissima industria del carbone, che finanzia le campagne elettorali di molti deputati in gran parte repubblicani, avevano impedito di seguire quella strada. Se fosse passato il piano del 2010 sarebbe stato il primo passo verso il riconoscimento della realtà del cambiamento climatico: la gran maggioranza dei deputati repubblicani, per varie ragioni (in gran parte ideologiche e religiose) affermano che il fenomeno non esiste, e se esiste non è colpa dell’uomo o potrebbe addirittura essere benefico per gli Stati Uniti.
Per questo Obama ha preferito passare attraverso l’Agenzia di protezione ambientale. L’Epa infatti, con l’autorità presidenziale, ha solo il compito di rispettare una sentenza della Corte suprema che le dà l’incarico di rispettare la Legge dell’aria pulita (Clean air act), prendendo in esame alcuni tipi di inquinamento ? come quello da CO2 ? che erano ignorati fino a qualche anno fa.
Emissioni di CO2 collegate all’energia divise per fonti e settori per gli Stati Uniti, 2012
(milioni di tonnellate metriche). Fonte: Eia (U.S. Energy Information Administration)
Fonte |
Res. |
Com. |
Ind. |
Tras. |
Elettricità |
Totale per fonte |
Carbone |
0 |
4 |
139 |
0 |
1,514 |
1,657 |
Gas Naturale |
226 |
157 |
449 |
40 |
494 |
1,364 |
Petrolio |
69 |
45 |
350 |
1,771 |
19 |
2,254 |
Altre |
- |
- |
- |
- |
12 |
12 |
Elettricità |
760 |
732 |
543 |
4 |
- |
- |
Totale del settore |
1,056 |
938 |
1,480 |
1,816 |
2,039 |
5,290 |